giovedì 19 novembre 2020

Giorgio Bonacini “I segni e la polvere” (Arcipelago itaca Edizioni,2020)



Giorgio Bonacini, poeta di particolare qualità e consistenza stilistica, propone questo esito “I segni e la polvere” nella definizione di un sottotitolo che allude a percorsi ritmati in 52 poesie “distrattamente felici”. Qui, il verso breve, limpido, essenziale, nella connotazione visibile del sintagma, nel verticalismo strutturale, nella lieve fonetica dell’assonanza così come nell’osare della rima, imprime alla pagina una espressività icastica che rimanda ad una conseguente attenzione riflessiva. L’immediata sensazione è di trovarsi di fronte ad un intreccio di prospettive che sorprendono nell’accostamento rapido e profondo, denso nella sostanza effusiva contemplata nei particolari esigenti; ben sapendo che “non è la distanza/ né il muoversi/ troppo che assorbe/ nel ritmo/ un tamburo di guerra/ ma ninnoli e note/ nel canto alla terra”. Sono attese di risposte nelle peculiarità delle piccole incisioni, nelle ferite, nei prospetti cromatici accesi dagli accostamenti di una sinestesia armonica: “i tuoi mille profumi/ li vedo giallissimi”. Un verso breve che nella veloce successione scava ogni volta una profondità evocativa. E’ trovare traccia di un assenso interpretante il valore della mitezza quando essa sa osservare contemplando, interrogare esprimendo. L’elemento naturale si ritrova lungo il percorso degli accostamenti in un sorvegliare liricamente le genesi e le mutazioni, così come gli esiti, in una volontaria ermeneutica dei dati materici accuditi e rivisitati. Giorgio Bonacini sa dosare la limatura del verso con estrema perizia, lasciando volutamente un aere sospeso, dove lo spazio della pagina sembra costituire ampiezze ulteriori, margini di accenni non detti ma intuibili. E sono, a succedersi, segni di neve e chiarori, sabbie e pietraie, venti e smanie, ma anche impreviste farfalle incuranti, tracce di una gradazione di risorse a volte diafane, altre incise, che corrispondono a passi rivelanti la tersa complessità del sentire oltre l’immediato. L’autore coniuga l’attesa con l’intuizione accorta “in fumogeni d’arte/ o di lingua/ e in fittizia clausura/ nei versi aggrottati...” quasi un esperire il senso autentico di un’ estetica che si è sempre più rivelata una valutazione del sensibile, in un suo definibile equilibrio. Gli accostamenti dicibili avvicinano esperienze sensitive diverse e inattese che esortano a pensieri capaci di riformulare le visibilità in considerazioni curanti una genesi partecipativa, evolvente, scandita in atti che comportano processi analogici. E’ quasi un contenersi sulla pagina per innestare propositi di accostamenti che richiedono una esegesi al di là delle fratture e delle scomposizioni. Poi diventa necessario porsi una domanda sull’oltre e sul senso, che sorge spontanea, inalienabile, dopo la sintesi di un’osservazione durante la quale “si mastica l’acqua/ per giorni e per notti/ si guarda all’insù/ con la mente/ racchiusa in un cielo”. La rievocazione è subitanea affiorando alle foci dei calori avvertibili, nella impossibilità di determinare gli eventi, ove sono i ritmi spesso chiusi che disperdono i segnali riproducibili e le contaminazioni collocabili in aree altre rispetto alle nostre stesse percezioni. Le assonanze evocano ritmi allusivi e pertinenti dissolvenze, attraverso le funzioni caratterizzanti la dinamica della stessa attenzione. Emerge la possibilità di cogliere il proprio limite nell’ancoraggio a segni devianti il mirare, dopo collocazioni inagibili e restie a decifrare i tumulti del cuore, così come la scansione riprodotta dalle sillabe nell’ora della vulnerabilità, della riduzione dei passaggi. Giorgio Bonacini vede il nostro procedere “in solitudine/ all’interno/ di un calvario minimale/ o di abitudine”. Vi sono misteri quotidiani da decifrare, allusivi ritorni all’incedere franto; come, a volte, è inevitabile accorgersi di percezioni fertili in mitezze d’aurore e smarrimenti d’esilio.  

                     

                                                                                                         Andrea Rompianesi