giovedì 2 giugno 2022

Sandro Gros-Pietro, Le farfalle di Paciolo, Genesi Editrice, Torino, 2021


 

C’è sempre da imparare. Confesso che non avevo mai sentito nominare Paciolo e la partita doppia mi ha sempre lasciato molto indifferente. Ora, con questo nuovo romanzo di Sandro Gros-Pietro mi ritrovo ad indagare un mondo finora a me sconosciuto. Ma la curiosità suscitata non è solo per il frate Luca Bartolomeo de Pacioli, matematico ed economista, fondatore a detta di chi sa della ragioneria. Sarebbe gioco forza riduttivo. L’interesse e il desiderio di approfondimento sono dettati dall’andamento del romanzo costruito su due linee che si intersecano, si sovrappongono e divergono. Come farfalle, appunto, che svolazzano liberamente e diventano il simbolo di un desiderio inespresso di immortalità. Ma sono pure l’emblema di una trasformazione essenziale: da bruco, a crisalide, a farfalla. Allo stesso modo il protagonista si trasforma per autorigenerarsi e vivere parallelamente più vite: matematico nel cinquecento, contabile nel seicento, libertino nel settecento, imprenditore nell’ottocento, businessman a livello mondiale nel nostro secolo. In questo continuo susseguirsi di situazioni fra realtà e immaginazione, emerge evidente il gusto narrativo e direi giocoso di Sandro Gros-Pietro che ci conduce attraverso il tempo a considerare l’essere dell’uomo, il suo esistere, i suoi desiderata. Non ho citato a caso il gioco. L’autore si diverte a condurre il lettore in una specie di Monopoli in cui i dadi ci permettono di avanzare, ci costringono a regredire, ci obbligano a rimanere imprigionati. Ed ecco il ritorno delle farfalle che aleggiano su tutto e solleticano la nostra attesa, come in un thriller dove il desiderio di conoscere il colpevole ci agguanta e ci lega fino alla fine. È sufficiente dare una rapida scorsa ai titoli dei vari capitoli per renderci conto della struttura e dell’andamento del romanzo. Innanzitutto constatiamo la divisione in due parti. La prima, intitolata lI tempo è velocità, ci indica la duplicità della vita. Infatti i capitoli si alternano nella descrizione della storia di due amici l’uno opposto all’altro, (il primo, Leonardo Giribaldi detto Fax tutto intento ad arricchirsi materialmente, perché ama nel senso stretto della parola denaro e potere; il secondo, Giorgio detto Dindo, immerso nei suoi studi filosofici, lontano dalla meschinità egoistica del primo). In tale narrazione si inserisce Paciolo che si misura col tempo e nel tempo attraverso un magico elisir offertogli nientemeno che da Margherita Boninsegna compagna di Fra Dolcino. Ma il Luca Paciolo lo ritroviamo anche nella seconda parte del romanzo, dal titolo Docking, dove si rivela essere proprietario di un’azienda a livello mondiale per il commercio on line. I capitoli di questa seconda parte denominati in lingua inglese (per me di non immediata comprensione, ma appartengo alla vecchia scuola franco-italiana) tranne l’ultimo – Sherlock Holmes va a caccia di farfalle – rivelano, se fosse necessario, il carattere globale dell’odierna società (d’altra parte ci ricordiamo tutti la famosa formula su cui andava rifondata la scuola italiana: le tre “i” – internet, impresa, inglese). Ecco allora che in una sorte di magia il puzzle ha una sua collocazione. Si tratta di una critica non tanto velata ai mali di una civiltà malata nel profondo, una civiltà che si è malauguratamente allontanata dalle origini, che non sa e non vuole riconoscere il bene, che sostiene la propria sopravvivenza sul principio del più forte, del più furbo, del più accentratore. Anche il linguaggio, a un certo punto, fa prevalere quello odierno, fatto di strappi o di segmenti, rispetto a quello classico più levigato e controllato, con un pastiche, che va oltre quello utilizzato nel secondo novecento, per incentrarsi quasi totalmente sulla mistica del tecnico e sull’esposizione di una coprolalia che non si arresta nemmeno tra coloro che dovrebbero essere i migliori. La maestria di Gros-Pietro sta nel saper dosare attentamente termini ed espressioni in modo tale da non sovraccaricare il racconto più del dovuto. Così il romanzo acquista una sua originalità risultando perfettamente equilibrato nei toni, negli argomenti e nei personaggi. Sta poi al lettore saper discernere tra il fantascientifico e la realtà, tra l’essere e il dover essere. Perché alla fine c’è sempre una morale, o un segreto o un delitto da svelare, inseguendo magari di nascosto quell’inglesaccio di Holmes a caccia di farfalle.

 

Enea Biumi

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