venerdì 30 dicembre 2022

Umberto Belardinelli, L'albero del tempo, ed. Scriptores, 2022


Il percorso poetico di Umberto Belardinelli viaggia sui binari di una sobrietà lessicale, elegante e sicura, che dona alla sua scrittura un non so che di nobiltà virtuosa e appagante. Nell’ultima silloge da lui proposta “L’albero del tempo” si legge una architettura ricca di rimandi personali che sanno cogliere ciò che è essenziale non solo per se stesso ma per l’uomo in generale. La sua poesia esce dall’io, pur esistente, per incontrarsi con un noi/voi/loro, nel richiamo assolutamente gentile e genuino della verità, attraverso alcune osservazioni, quasi una personale confessione, di carattere filosofico.

La lirica iniziale, che dà il titolo della raccolta, sembra un esergo e fa da simbolo dando il la alle pagine che si susseguono e che trasportano il lettore a riflessioni per nulla scontate. Non c’è ridondanza nei suoi versi ma semplicità (non semplicismo) che accoglie e aiuta, trasferendoci al di là del semplice dato materico nella amplificazione dei dettagli, per altro esistenti, divenendo ipso facto momento altamente spirituale e spiritualizzante.

Non v’è dubbio che la poesia di Belardinelli è poesia religiosa. In ossequio all’espressione dei Vangeli vedo questa silloge come una fiaccola sotto il moggio (mi perdoni D’Annunzio se l’ho posticipato alle scritture), ma una fiaccola che non deve nascondersi bensì illuminare nonché valorizzare. Del resto, a ben leggere, tutta la sua produzione, anche quando parla d’altro – di amore, di luoghi, di accadimenti – è una produzione religiosa. Si veda l’altra raccolta poetica dedicata a Santa Faustina Kowalska (Stella del mare). C’è in effetti in lui un cristianesimo integrale, di sostanza, che è il contrario di integralismo concentrato solo su simboli esteriori.  Del resto è Belardinelli stesso che ci rivela in una nota questa sua spiritualità quasi assoluta. “Molte volte la fede mi ha aiutato a superare momenti difficili, la fede ha sempre esercitato su di me il suo fascino misterioso e spesso mi ha condotto verso lunghe ed inquiete riflessioni”

Il cristianesimo è la religione dell’antifrasi perché ha fatto della suprema delle sconfitte, dell’ignominia della morte in croce, quella riservata ai condannati senza scampo, il simbolo stesso della vittoria. Vittoria sul tempo. Vittoria sulla morte. Anche il dolore allora diventa solo un passaggio – spiacevole, drammatico passaggio – ma necessario. Tuttavia la speranza non viene meno. Tra difficoltà, cadute, risalite, ecco di nuovo avanzare il dialogo col tempo valorizzato dalla fede che si fa quasi visibile nel sogno del domani.

E ritorniamo alla valorizzazione del tempo, spesso scritto con l’iniziale maiuscola per darne rilievo e importanza come fosse un assoluto (non certo Dio) di cui tener conto e pregio. Così il tempo nella mente dell’uomo ha la facoltà di superare le barriere dell’hinc et nunc. Diventa spirito. Si dilata nell’ieri e prosegue nel domani per riapparire nell’oggi. È impercettibile, intoccabile, sfuggente. Appunto come quell’albero che dà il titolo alla raccolta e al quale il poeta parla, si può dire senza esagerare, dall’inizio alla fine. Sempre presente, sempre invocante, sempre autorevolmente giudicante, sia quando si parla d’amore, sia quando si ricordano siti, situazioni, dubbi, speranze, sogni.

L’amore poi è il primo elemento che il poeta mette in evidenza, amore sentimentale per l’altra metà, amore affettivo verso i propri figli, amore spirituale verso Dio. L’amore diventa così un canto rivelando tutto lo stupore per la fragile bellezza della vita, fragile perché il tempo vola e spesso è un ricordo o un’attesa prolungata che si protende nel futuro. “Vivrai il mio tempo spento ed altri accesi / io mi dissolverò nel tuo ricordo / tu incontrerai altre stagioni / corre nelle parole e nel silenzio / la dissonanza delle nostre ore”

I suoi versi, ovvero la sua poiesi, allora, sembrano danzare in una elaborazione creativa, propositiva, esprimendo una consapevolezza equilibrata e razionale di un pensiero alto e maturo, atto al coinvolgimento spirituale del lettore, come un anacoreta che nel silenzio e nella solitudine della propria cella dialoga paradossalmente col mondo intero. Infatti i valori intrinsechi al pensiero di Belardinelli appartengono ad aspetti esistenziali che ci dettano le ore del tempo. Le sue poesie colmano l’animo del lettore per gli aspetti che in esse si rivelano verità e sembrano quasi un miracolo venuto sulla terra e in un mondo che ai miracoli più non crede. “Temo che il vento dell’inganno / trascini i suoi alfabeti frantumati / sulle pareti di un sinedrio / eclissato dal tempo”.

 È necessaria allora la presenza del poeta per ridare dignità all’esistenza. Una dignità che Belardinelli va ad esaminare in un’indagine introspettiva del proprio stato d’animo in rapporto al variare del tempo, al suo andare nel tempo, ai suoi affetti nel tempo – persone a lui vicine, care, luoghi visitati ed amati, momenti di serenità e di dolore, di presunta spensieratezza o di amara costatazione. “Non vi ho dimenticati luoghi del tempo / non vi ho lasciati mai senza memoria / e vivo e respiro dentro gli orizzonti / cercando di seguire la vostra traccia”

E alla fine ancora il tempo. Riordinato, scandito, evocato come un mantra. Il tutto introiettato in momenti di religioso pensamento. Il tempo dell’ultimo respiro. Atteso.  Temuto. Profetizzato. Tanto è vero che “Un giorno ci ritroveremo albero amico / nella stagione in cui la fiamma spegne / imprigionati nella cenere del dopo”.

 

Enea Biumi


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