martedì 5 marzo 2024

Lamberto Garzia “Live dealer” (Puntoacapo Editrice, 2024)

 

                                              

Croupier a vita inserito nelle interiezioni (intese come originate dal “gettare in mezzo”) estranianti per  passaggi focalizzati in piani narrativi che si alternano e si intrecciano attraverso salti temporali e cromatismi linguistici imprevisti. Assalti di personaggi estromessi da una finalità determinata per condurre inestricabili mutamenti al suono di luoghi e tentazioni ludiche o carnali, nella ricorrente sonorità dei rimandi a quella letterarietà che sviluppa una vera e propria prosa creativa. E’ “Live dealer” di Lamberto Garzia, testo-mondo forse postmoderno ma per lo più pagine gravitanti intorno a luoghi distanti e quindi comparabili nell’accezione dell’apporto, come la Liguria e il Messico. Terre di confine alla evanescente possibilità di determinare ogni spazialità tracciabile in multilinguismo a preziosa conduzione letteraria, quale garanzia ricevuta nel ricorrente riferirsi a spunti di rigore stilistico come quello espresso da Tommaso Landolfi. L’avventura di Garzia è nel corsivo delle incursioni tipografiche stesse; nelle proponibili infatuazioni dei gesti autoriali, nello stesso Lamberto che si pone autore e personaggio innestato nella non trama, come espediente ciclico nel vissuto occhieggiare generi impavidi e sottolineature erotiche apertamente provocatorie, senza escludere rigori critici quando è ferita l’incisione di un muro che divide un confine, che preclude l’orientamento libero. E di libertà l’autore avvolge le pagine dove il linguaggio perturbante e intertestuale coniuga celati rimandi ed estensioni liminari, digressioni fruttuose e proposizioni filmiche. L’intreccio delle arti suona dal fervore ammiccante di uno Sterne all’encomio latinoamericano di un Puig o di un Bolano. Un infrascritto che si azzarda, nell’azzardo stesso del giocatore, a pretendere l’emanazione del “mutuus dissensus” perché il contratto di lettura accolga possibilità di ricezione anarchica ed eversiva. Ogni singolo passo del testo è tutto il testo e, nello stesso tempo, non è se non frammento di tessitura dirompente, certo astutamente ludica. Misura di inconciliabile pregnanza sollevata dal contesto di una marcatura ambivalente, a inneggiare l’eclatante alternarsi dei toni stilistici determinanti la costruzione del possibile, quasi inteso come opzione e dicitura di una lettura del mondo nella sua più estesa realtà interrogante. L’espressione già tratteggiata di Lamberto Garzia in questo testo personalizza il sé ma non intende forse mai richiamare l’asserzione riconoscibile, piuttosto alludere ad una incisione nelle pieghe del tessuto vivibile, comunque empirico, di una opzione sempre accertabile, se non del nostro limitato fare, almeno in una coincidenza dove vita e scrittura possano coniugare la peculiarità creativa dell’avventura e dove la scrittura stessa interceda a sorreggere l’inesausta apprensione del nostro desiderio, così costante stimolo e reiterata pena. 


 Andrea Rompianesi


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