lunedì 3 novembre 2025

Recensione di G.C. Lisi alla poesia di Prospero Cascini “La lucanità Serafica”

 



È un testo che profuma di terra e di memoria , un omaggio alla lentezza e alla bellezza essenziale della vita lucana. Con la “lucanità Serafica”, Prospero Cascini costruisce una poesia   che unisce contemplazione  e appartenenza, in cui la quotidianità si trasforma in paesaggio interiore.

Lucanità serafica


I versi si muovono con calma come un respiro che segue il ritmo delle stagioni. “Dormirci sopra/ in un anfratto innevato/ tra un cirro innevato e un bucaneve imbalsamato” apre la scena con delicatezza mescolando immagini naturali e memoria sensoriale. C’è un senso di sospensione, di pace domestica, di tempo che non scorre ma si posa. L’autore dipinge la Lucania non come luogo fisico, ma come condizione dell’anima dove pendono nelle toppe “le grosse chiavi / dei palazzi antichi” e il passato convive con il presente, “nelle case riadattate”. Ogni oggetto, ogni gesto, anche il semplice “attendere/ i chiarori del meriggio” diventa un atto poetico, una forma di resistenza al caos e al mondo moderno. Il linguaggio è semplice e nitido, volutamente disadorno, ma intriso di musicalità. L’uso dei puntini di sospensione, delle pause e delle minuscole restituisce il tono di chi parla a se stesso e alla propria terra. In questa voce si riconosce una Serenità Conquistata, un equilibrio che nasce dall’accettazione del proprio tempo e proprio spazio. Nella chiusa “è il sogno di ognuno/ che lascia il segno/ sul proprio selciato” la poesia trova la sua verità più intima: la vita come cammino silenzioso, come traccia personale e insieme collettiva. La lucanità serafica è un inno quieto alla dignità dell’essere, un modo per dire che la vera grandezza sta nel restare fedeli alle proprie radici, con lo sguardo rivolto alla luce del giorno che verrà. 

G.C. Lisi


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