Cattura la luce il taglio, l’osservazione dell’occhio
indocile; ben altra la similitudine che accorpa il passaggio arguto, la
flessione per ora stabile...”era ineguagliabile, poi, nei toni grigi fino a
tornare,/ le ore alla rinfusa, al blu notturno”. Evoluzione in un tracciato del
verso che coinvolge e seduce nella stessa maturità del porre. E’ “Chiari
d’aria”, titolo del poeta ed artista Daniele Benvenuto. Un verso pensante
accoglie gli stimoli provenienti da una natura emissaria di ragioni
inesplorate, con difficoltà racchiuse nella compatibile conduzione dei
propositi. I dubbi evocano percorribili ristori non immuni dalla forza di un
lucore che condivide l’esprimibile asperità del nodo esistenziale con le ombre
delle sfumature inerenti le testimonianze condotte all’appello della scrittura.
Il corsivo dei “chiari” segni dilata l’inespresso e condona pene ataviche,
ragioni che discutono il senso più intimo di una norma; l’agevole cognizione di
un dolore ancestrale, di una prossimità inesausta. Si prevedono grovigli,
ingenuità, varchi e solfeggi; “lascia che l’idea si eclissi, che sia la
corrente continua/ della luce a trafugare la presenza dell’ombra” scrive
Benvenuto. E saranno ancora debiti dell’aria, estuari e pulviscoli potentemente
rianimati, confronti con un tempo ubiquo, fragori e incendi (e qui non sfugge
il magistero di Roberto Sanesi). A strutture poematiche compatte succedono
interventi ad architettura di strofe; si alternano scorci che travalicano
l’impressione per farsi esegesi duttile, sensitiva e concettuale. Le teorie si
decodificano per ritrarre le sospensioni abitate da visioni imminenti, nella
priorità stabilita dalla osservazione intangibile e, sullo stesso piano,
evidente come “scocca improvvisa”, mappa cromatica trasformata in dicitura fonetica,
in turbamento tattile, quando le condizioni dei giorni disegnano codici tenaci.
E’ una poesia di forte tessitura linguistica, capace di evolversi nella stessa
forma come equilibrio di forze in atto. La domanda partecipe intinge l’acuto
senso del quesito nelle territorialità corpose degli elementi, evitando
distrazioni proponibili alla mobilità dei confini, delle ricezioni. Non bastano
i miti, per altro vaganti, ma il procedere “con piccoli gesti sulla carta”
richiede fatica e talenti. Quel tono sapientemente letterario che sa inoltrarsi
nei periodi di una versificazione alta, elegante, profonda. Daniele Benvenuto
convince nell’esito, delinea contorni materici, conduce ad un solco in cui “lo
spietato miraggio è compiuto”.
Nessun commento:
Posta un commento