mercoledì 5 ottobre 2022

La maestrina del Copacabana e altri racconti, Genesi Editrice, Torino 2021

 


La maestrina del Copacabana e altri racconti: quadri di provincia disegnati con realismo e ironia da Giuliano Mangano.                                                      

di Gianfranco Gavianu

La rappresentazione realistica, partecipe e a un tempo disincantata,  della concreta realtà della nostra regione costituisce un tratto costante della produzione narrativa di Enea Biumi, pseudonimo di Giuliano Mangano, artista versatile, prolifico, amante della musica e del teatro, autore non solo di racconti, ma anche di poesia in lingua e in dialetto bosino,  una produzione molteplice di cui in questo giornale ho dato altre volte conto.

Per la casa editrice Genesi di Torino, nell’aprile dello scorso anno, Biumi ha pubblicato un volume di narrativa dal titolo La maestrina del Copacabana e altri racconti (pp.127, €12,50). Il libro è una raccolta di cinque racconti brevi: oltre a quello che dà il titolo, ne fanno parte: Bocciofila Cartabbia, Una corolla di tenebre, Aristide Giovanni  Principe Turibbio,  Il Windsurf. Evidentemente l’autore ha voluto conferire un particolare risalto al primo di questi racconti, con cui non a caso il libro si apre. La vicenda, ambientata in Brianza negli anni settanta da un fatto effettivamente accaduto ovviamente rielaborato dalla fantasia dell’autore, si incentra sulla figura  di Schilly  una maestrina, il cui nome molto prosaico è Nuccia Aliverti. La giovane insegna  con zelo e con una condotta irreprensibile in un  istituto di suore il Pio Istituto del Sacro Cuore di Gesù. Stanca di una vita  scandita dalla triade casa-scuola-chiesa, superando le resistenza di una madre oppressiva, Nuccia, confortata dall’amica di gioventù Corinna, bruscamente decide di cambiare radicalmente vita: chiede alla Preside un anno sabbatico e inizia a fare l’ entraineuse in un locale notturno: il Copacabana. Antonio, un vecchio scapolo non certo attraente, (grassoccio, calvo e zoppo), da tempo innamorato di lei, la incontra nel locale, le fa delle goffe profferte d’amore ma viene rifiutato risolutamente. Lo sventurato Antonio, per la frustrazione subita, cova un cupo rancore e si vendica scrivendo un livido articolo che trasuda di ipocrita moralismo denunciando la duplice vita di Nuccia – Scilly : insegnante-entraineuse, in nome dei valori della santità della famiglia, dell’educazione dei giovani…. La voce narrante è anche personaggio del racconto che suona nel locale dove Scilly si esibisce ed è portavoce del punto di vista critico e demistificante dell’autore. Compaiono anche altri personaggi disegnati con attenzione  quali suor Arianna, la preside dell’Istituto, Genni, la cantante del Copacabana, la madre di Nuccia, l’amica Corinna, la maîtresse Dolores che, con la  sua lingua ibrida che mescola italiano, francese, spagnolo, richiama la figura di Madame Pace del pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore: la dubbia moralità di costei vede nello scandalo che travolge Nuccia un’occasione per far soldi: un business dice l’autore. Il mondo che emerge da queste pagine è  dominato dall’interesse economico e da una feroce, soffocante ipocrisia che opprime e determina l’ ambiguità e la scissione interiore della protagonista. La  trama ha una conclusione aperta che lascio al lettore la curiosità di scoprire.

Gli altri racconti ci presentano argomenti, situazioni, personaggi a volte legati alla vita della nostra provincia apparentemente tranquilla in realtà percorsa di oscuri drammi, a volte tratti dalla diretta esperienza umana dell’ autore seppur sapientemente trasfigurata. Di una fosca vicenda d’amore, tramata da interessi economici e di viscerali legami di sangue che si conclude tragicamente ci parla la vicenda narrata in Bocciofila Cartabbia; come una sorta di autobiografia esistenziale e letteraria si presenta Una corolla di tenebre. Decisamente complesso, drammatico e percorso da tensioni contrastanti tra ironia e tragedia è  Aristide Giovanni Principe Turibbio, dove il protagonista, dal nome altisonante che dà il titolo al racconto, narra  la sua catabasi infernale, la sua tragica discesa verso la morte, la sua angosciosa agonìa, rievocando a ciglio asciutto, senza compiacimenti sentimentali, i momenti essenziali della sua vita. Nella prima parte la voce narrante rievoca la giovinezza, gli amori, i compagni della vita goliardica di provincia: una rassegna di tipi umani disegnati con un gusto e una sensibilità che rievoca certi racconti di Piero Chiara, e un celebre film di Fellini: I Vitelloni. Ne consegue  che la scelta  di aderire alla lotta partigiana fu per il protagonista, come per molti giovani della sua generazione, in parte frutto del caso e non ebbe nulla di eroico o di astrattamente ideologico: la rappresentazione ad esempio di uno scontro coi nazifascisti è condotta con distacco ironico, con un punto di vista simile a quello del Fenoglio dei Ventitré giorni della città di Alba  o di un Calvino del Sentiero dei nidi di ragno. In questa discrezione, in questo pudore privo di ostentazione è, d’altra parte riconoscibile, una superiore dignità etica. Il racconto che conclude il libro, Windsurf, insiste ancora sull’ipocrisia della vita di provincia, narrando la  squallida vicenda  di Adelaide che si rassegna a un matrimonio riparatore dopo aver concepito un figlio con Windsurf, soprannome del giovane, aitante dongiovanni di cui s’era improvvidamente innamorata.

Giuliano Mangano ci propone dunque una serie di racconti  che, per l’agilità narrativa, la varietà di tipi umani che li popolano e per l’ironia disincantata che li percorre sollecitano nel lettore  un indubbio “piacere del testo”.

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