La maestrina del Copacabana e
altri racconti: quadri di provincia disegnati con
realismo e ironia da Giuliano Mangano.
di
Gianfranco Gavianu
La
rappresentazione realistica, partecipe e a un tempo disincantata, della concreta realtà della nostra regione
costituisce un tratto costante della produzione narrativa di Enea Biumi,
pseudonimo di Giuliano Mangano, artista versatile, prolifico, amante della
musica e del teatro, autore non solo di racconti, ma anche di poesia in lingua
e in dialetto bosino, una produzione
molteplice di cui in questo giornale ho dato altre volte conto.
Per
la casa editrice Genesi di Torino,
nell’aprile dello scorso anno, Biumi ha pubblicato un volume di narrativa dal
titolo La maestrina del Copacabana e altri racconti
(pp.127, €12,50).
Il libro è una raccolta di cinque racconti brevi: oltre a quello che dà il
titolo, ne fanno parte: Bocciofila
Cartabbia, Una corolla di tenebre, Aristide Giovanni Principe Turibbio, Il Windsurf. Evidentemente l’autore ha
voluto conferire un particolare risalto al primo di questi racconti, con cui
non a caso il libro si apre. La vicenda, ambientata in Brianza negli anni
settanta da un fatto effettivamente accaduto ovviamente rielaborato dalla
fantasia dell’autore, si incentra sulla figura di Schilly
una maestrina, il cui nome molto prosaico è Nuccia Aliverti. La giovane
insegna con zelo e con una condotta
irreprensibile in un istituto di suore
il Pio Istituto del Sacro Cuore di Gesù. Stanca di una vita scandita dalla triade casa-scuola-chiesa,
superando le resistenza di una madre oppressiva, Nuccia, confortata dall’amica
di gioventù Corinna, bruscamente decide di cambiare radicalmente vita: chiede
alla Preside un anno sabbatico e inizia a fare l’ entraineuse in un locale
notturno: il Copacabana. Antonio, un vecchio scapolo non certo attraente,
(grassoccio, calvo e zoppo), da tempo innamorato di lei, la incontra nel
locale, le fa delle goffe profferte d’amore ma viene rifiutato risolutamente.
Lo sventurato Antonio, per la frustrazione subita, cova un cupo rancore e si
vendica scrivendo un livido articolo che trasuda di ipocrita moralismo
denunciando la duplice vita di Nuccia – Scilly : insegnante-entraineuse, in
nome dei valori della santità della famiglia, dell’educazione dei giovani…. La
voce narrante è anche personaggio del racconto che suona nel locale dove Scilly
si esibisce ed è portavoce del punto di vista critico e demistificante
dell’autore. Compaiono anche altri personaggi disegnati con attenzione quali suor Arianna, la preside dell’Istituto,
Genni, la cantante del Copacabana, la madre di Nuccia, l’amica Corinna, la maîtresse Dolores che, con la sua lingua ibrida che mescola italiano,
francese, spagnolo, richiama la figura di Madame Pace del pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore: la
dubbia moralità di costei vede nello scandalo che travolge Nuccia un’occasione
per far soldi: un business dice
l’autore. Il mondo che emerge da queste pagine è dominato dall’interesse economico e da una
feroce, soffocante ipocrisia che opprime e determina l’ ambiguità e la
scissione interiore della protagonista. La
trama ha una conclusione aperta che lascio al lettore la curiosità di
scoprire.
Gli
altri racconti ci presentano argomenti, situazioni, personaggi a volte legati
alla vita della nostra provincia apparentemente tranquilla in realtà percorsa
di oscuri drammi, a volte tratti dalla diretta esperienza umana dell’ autore
seppur sapientemente trasfigurata. Di una fosca vicenda d’amore, tramata da
interessi economici e di viscerali legami di sangue che si conclude
tragicamente ci parla la vicenda narrata in Bocciofila
Cartabbia; come una sorta di autobiografia esistenziale e letteraria si
presenta Una corolla di tenebre. Decisamente
complesso, drammatico e percorso da tensioni contrastanti tra ironia e tragedia
è Aristide
Giovanni Principe Turibbio, dove il protagonista, dal nome altisonante che
dà il titolo al racconto, narra la sua catabasi
infernale, la sua tragica discesa verso la morte, la sua angosciosa agonìa, rievocando
a ciglio asciutto, senza compiacimenti sentimentali, i momenti essenziali della
sua vita. Nella prima parte la voce narrante rievoca la giovinezza, gli amori,
i compagni della vita goliardica di provincia: una rassegna di tipi umani
disegnati con un gusto e una sensibilità che rievoca certi racconti di Piero
Chiara, e un celebre film di Fellini: I Vitelloni.
Ne consegue che la scelta di aderire alla lotta partigiana fu per il
protagonista, come per molti giovani della sua generazione, in parte frutto del
caso e non ebbe nulla di eroico o di astrattamente ideologico: la
rappresentazione ad esempio di uno scontro coi nazifascisti è condotta con
distacco ironico, con un punto di vista simile a quello del Fenoglio dei Ventitré giorni della città di Alba o di un Calvino del Sentiero dei nidi di ragno. In questa discrezione, in questo pudore
privo di ostentazione è, d’altra parte riconoscibile, una superiore dignità
etica. Il racconto che conclude il libro, Windsurf,
insiste ancora sull’ipocrisia della vita di provincia, narrando la squallida vicenda di Adelaide che si rassegna a un matrimonio
riparatore dopo aver concepito un figlio con Windsurf, soprannome del giovane,
aitante dongiovanni di cui s’era improvvidamente innamorata.
Giuliano
Mangano ci propone dunque una serie di racconti
che, per l’agilità narrativa, la varietà di tipi umani che li popolano e
per l’ironia disincantata che li percorre sollecitano nel lettore un indubbio “piacere del testo”.
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