martedì 28 luglio 2020

Tiziano Rossi “Piccola orchestra” (Edizioni La Vita Felice, 2020)




Tiziano Rossi, poeta di lunga e accreditata militanza letteraria, ha dato alle stampe un testo che raccoglie brevissime prose essenziali, “Piccola orchestra”, definite antifavole e dicerie. Non nuovo a questa formula espressiva, Rossi sperimenta l’uso calibrato di un lavoro teso, come dice nella prefazione Stefano Raimondi, ad una vera e propria sottrazione del dire, in una prosa sostanzialmente ancora determinata ad essere comunque narrante. Il tutto addensa climi esigibili di costante e signorile ironia, con aspetti di vera e propria comicità in un teatro di figure che caratterizzano ogni profilo. Molte conclusioni rapide dei brevi passi indicano la via inevitabile di un epilogo spesso secco e amaro, ma senza che l’autore perda il suo distacco misurato e la sua funzione di osservatore lucido e disincantato; indicativo il personaggio affezionato alla borsa dell’acqua calda con la quale instaura un rapporto affettivo, del tutto impossibile invece nei confronti di un cucciolo di cane, cacciato a pedate. Una fonte d’ironia a volte cinica che intende smascherare ruoli superficialmente acquisiti e che , in realtà, nascondono tratti imprevedibili e spiazzanti. Anche le figure animali assumono connotazioni capaci di rappresentare esiti e stati che volgono a sviluppi classici nel paradosso che si fa insegnamento, esprimendo difetti e toni esplicitamente antropomorfici.  Il percorso dei racconti tende a riferire escludendo, sia negli  aspetti più concreti che in quelli surreali, una qualsiasi espressione consolatoria o giustificativa. La traccia registra, attraverso l’osservazione dell’autore, con un elegante distacco, ironico e cinico, il semplice svolgersi di eventi che improvvisamente si concludono in un carattere di sospensione privo di risposta. Scrive Tiziano Rossi, in un finale esemplare: “ Ora quella morbidissima cadenza del mezzo sta lievitando ed ecco che l’autobus addirittura si libra sereno nell’aria: è un fatto che nessuno ha voglia di interpretare”. Sembra proprio che l’intenzione dell’autore sia quella di comunicare episodi distaccati e avulsi da una qualsiasi logica prevedibile e capaci di porci all’osservazione del minimo atto in sé estraneo alla spiegazione, quasi che la vitalità del contesto non necessiti di elementi assolutori per realizzarsi e ci mantenga nell’impossibilità di asserire. La scrittura si presenta sempre di una totale e assoluta semplicità; un dicibile posizionato nel ritmo costante dei brevissimi racconti, come tappe di un succedersi di attimi regolati da un timbro di pacata inevitabilità. Tale clima appare riconfermarsi anche nella sezione che coinvolge nomi di poeti e filosofi anch’essi inseriti in questa equilibrata partitura che determina il luogo del possibile e, nello stesso tempo, del surreale, coniugata in una sintesi corale.
                                                                                                                       Andrea Rompianesi


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