mercoledì 26 novembre 2025

Maria Pia Quintavalla “Saudade” (Puntoacapo Editrice, 2024)

 



“C’è bisogno degli altri, come di un’illuminazione-/ dalla volta del cielo non scurita/ e non pronta alla sua notte:”; così inizia l’opera di Maria Pia Quintavalla, figura decisamente significativa del panorama poetico contemporaneo, dal titolo “Saudade”. Tono che di valenze s’accende nella compiuta attenzione di rimandi ad un sentire indefinibile, una melodia nostalgica, una sensazione di mancanza riferita a ciò che si è perduto ma più ancora a ciò che non si è mai raggiunto e che rimane, quindi, come una sorta di desiderio. Il caso amoroso investe le dinamiche prefissate, le rivolge alle possibili richieste, ottenendo almeno l’ipotesi dell’ascolto, la plausibilità della domanda che fluttua, a volte inerte, nella perturbabilità delle stagioni. “Amo Parigi/ quell’aria di castello blu intessuto,/ intorno a nubi nude e mobili, striate/ intorno al fiume”, dove l’esperienza di avvicinamento sensoriale ed emotivo al luogo si fa intelletto e scelta di misura; organico compenso alla ragione accorta, disciplina di attenzione allo sviluppo spesso incompreso delle fecondazioni culturali nella forma di crogiolo e di mutamento. E’ un poetare sentito e sofferto quello di Maria Pia Quintavalla, esposto in passaggi dicibili e condotti con supporto di elementi fluidi ma, nello stesso tempo, di una vocazione prosastica ad intervalli irregolari. L’ascesa o discesa ai bisogni, alla rievocata sensualità che ha in dote il compito di supportare l’anabasi, ne diviene consenso inquieto, insostenibile leggerezza, dando spazi ad acque e promesse, a barche e mezzi urbani. Così come le ambientazioni esprimono lo scenario molteplice che ospita la complessità esperita nella sofferenza svelata, nella struggente mancanza che, però, non rinuncia ad indicare una direzione che è progettualità nel verso. La drammatica considerazione dell’umanità migrante certifica lo stato d’abbandono da cui insorge il bisogno immite e la peculiare attenzione che può concedere. Allora nel paesaggio, le case risultano già disabitate, “in un composita solvantur” che ci riporta al magistero di Franco Fortini, attraverso fattezze in distinzione di misure, di rapporti che sono decisivi, nel loro rivelarsi materni e filiali: “Avremo bisogno di sorgenti vive, noi-/ di racconti dove/ la storia ci sistemi, intime e care-“. E c’è un fluire di fiume che il Po racconta e destina ai prodigi dei giorni e delle stagioni, nei mormorii di sogno e di sorgente, attraverso fuochi e baluardi, acque e sentieri, campi e respiri. Segue poi una sezione di prose indicate come testi di poesia in prosa; più specificamente definibili nell’accezione di prose poetiche in alternanza di caratteri, quasi monologhi a confidenza intima: “Se Dio mi ama io scrivo e se non scrivo muoio, peggio beccheggio, e stono fino a sera le mie modestissime preghiere che, come tozzi di pane restano là chiuse...” e il tono della scrittura di Maria Pia Quintavalla si pone a saggiare il crepuscolo di un sentire in sapore di ciottoli e di refoli, dove si accentuano i possibili regesti. Una prosa, inoltre, che simula la poesia attraverso l’uso dello slash ricorrente a incidere tagli e pause su una storia al femminile, densa di umori e accenti verso età bambine, stagioni madri, luci di troppa, straziante, ossimorica bellezza. E attese che si fanno “saudade”; “Materia nel liquido, carne che fu ossa e sangue, e non gomma, e non blu morte, ma vita, ora”. La tragedia delle morti in mare, contemporanei calvari e vie crucis devastate nell’algida freddezza di un elemento che identifica con la diffusa indifferenza il proprio orizzonte. La poesia allora testimonia come “fra il rumore di acque irreali... questa notte al termine della notte gli accenti di tutte le lingue si fondano in un salmo”, nella incalzante attualità delle migrazioni forzate dal bisogno e dalla persecuzione.

                                                              Andrea Rompianesi


Nessun commento:

Posta un commento

Maria Pia Quintavalla “Saudade” (Puntoacapo Editrice, 2024)

  “C’è bisogno degli altri, come di un’illuminazione-/ dalla volta del cielo non scurita/ e non pronta alla sua notte:”; così inizia l’opera...