giovedì 10 luglio 2025

Valeria Cartolaro “Disregolazioni” (Transeuropa Edizioni, 2025)


I detriti incombono. I detriti sono protagonisti della raccolta di poesie “Disregolazioni”; autrice Valeria Cartolaro. “Io tendo all’ossessione” confida il verso iniziale della prima poesia e continua poi in altro passo: “e di fretta, la fretta dilata i detriti/ li gonfia e pregni un pegno da pagare/ diventano la famiglia e gli amici”, attraverso un succedersi irregolare che compone sonorità efficaci e allitterazioni consonantiche volutamente incombenti, eterodirette a ulteriori e altri discernimenti. A passaggi che deragliano verso le polarità impreviste nella conduzione che innesta nel tempo delle sillabe il ritmo dei passaggi. Nelle disregolazioni il prefisso è negazione ma anche dispersione delle regolazioni stesse, di quel modo che è ordinare, sistemare, così come limitare e controllare attraverso il filtro della combinazione che apre all’osservazione e al percepire l’effettivo slancio della cognizione capace di raccogliere le singole parti, i frammenti, le scorie. Voce giovane che esprime esito in costante maturazione tra le pagine dove “Qualcosa che non so tiene insieme queste mura”, tra dense sponde, una bruma che accenna o porta verso respiri ma anche strappi, calce, frasche, sogni e silenzi. L’asimmetria dei versi in molti tratti sembra interrompere ma pure coniugare la vocalità dei transiti e dilatare varchi verso accostamenti imprevisti. “Se ascolto/ guardo la pece diventare un pesce giallo/ limare le sue lische appuntite”; polveri, allora, assumono le sembianze di realtà disperse o mai compiute dicendole, con una citazione “variabile”, “abitatrici di mastabe”. Valeria Cartolaro combatte la prossimità per includere regesti di reazioni alla vicinanza con le cose, così come con la proposta anche dicibile: “Nudi patiremo la stirpe che verrà/ ci avrà sicuramente la paura del viaggio/ quella sua andatura storta”, oltre avamposti gelati e fibre tossiche, ben al di là di accensioni solo relative alla portata del rivelare. Sembra l’inizio di una contesa dove il tempo scardina le progressioni, concentra e accorcia gli iati, non teme sete e fango, abbandoni prospettici, veleni corrosivi che attentano all’equilibrio delle stagioni già non più ortodosse. “Volevo stare nell’acqua che schiva i sassi/ passa tra i grumi di terra/ si trattiene nelle assi di muffa” scrive l’autrice; una presa d’atto condotta attraverso moti e sospensioni che disgregano una vicissitudine e, come indica Andrea Ponso nella postfazione, conducono a immagini frante e a ritmi percepibili.

                                                                                                

                           Andrea Rompianesi 

lunedì 7 luglio 2025

Gianfranco Galante, Mister Wakìki Momba, in viaggio verso il domani, Circolo Scriptores, Varese, €. 22,00


 

Ancora una volta Gianfranco Galante si rivolge verso una tematica sensibile e attuale: l’emigrazione. La sua ottica è uno sguardo a tutto tondo che insiste su di una umanità emarginata, ma niente affatto marginale. Anzi. È proprio questa umanità che ha bisogno di essere osservata, seguita e coadiuvata.

Tratto da una storia vera, parzialmente modificata, il romanzo parla di un viaggio compiuto da due fratelli africani per raggiungere l’eden europeo. I due protagonisti abitavano in un villaggio della Tanzania. Poco sapevano del mondo che stava al di là della loro tribù. Avevano però fatto una promessa: dovevano raggiungere l’agognata Europa, meta presumibile di benessere, ricchezza e felicità. Ma prima ancora di raggiungere la terra promessa si sono scontrati con guerre, torture, paure, fame, maltrattamenti e soprattutto dignità oltraggiata, rispetto ferito e personalità vilipesa.

Dalla Tanzania passano attraverso lo Zambia, il Congo, la Repubblica Centrafricana, il Ciad, la Libia per raggiungere, dopo la perigliosa traversata del Mediterraneo, l’Italia. Il destino dei due fratelli si complica perché vengono divisi: infatti uno troverà rifugio in Sicilia che diverrà la sua stabile dimora, mentre l’altro continuerà il viaggio verso il Nord, e lì troverà stabilità. Si reincontreranno dopo anni e diventerà difficile, sembra un assurdo, pure la loro comunicazione, visto che uno parla italiano e l’altro il dialetto siciliano.

L’autore si cala nei due personaggi, diventa la loro anima, il loro pensiero, subisce il loro dolore, il loro timore e trasmette al lettore le loro sensazioni e le loro aspirazioni.

Non sto qui a svolgere il riassunto delle loro vicissitudini, simili a quelle di tanti altri migranti verso la speranza. Ciò che tuttavia mi preme sottolineare è l’attenzione di Galante verso gli ultimi, i vilipesi, gli emarginati. Il loro dramma è la vergogna di una cosiddetta civiltà evoluta. Evoluta verso il benessere di pochi. Involuta nella comprensione dei più deboli.

Purtroppo la storia si ripete. Sembra che non riusciamo ad apprendere nulla dalla storia. O forse la storia è una maestra inascoltata. Eppure un racconto come questo è necessario, serve a denunziare simili situazioni disumane. E non bisogna essere dei santi o dei profeti per capire come la disumanizzazione diventi foriera di ulteriori ingiustizie e di inevitabili ribellioni.

Wakìky e Mbele sono il simbolo di una stortura umanitaria, di una società irrazionale ed egoista, di un mondo che divide e non unisce. Il Nord che ha sfruttato negli ultimi secoli il cosiddetto terzo mondo, che ha costretto gli abitanti del terzo mondo ad abbandonare la propria terra e le proprie radici derubate in continuazione delle proprie risorse, chiude gli occhi davanti ad una emigrazione che ritiene ingiustamente pericolosa, non accetta il diverso, per struttura fisica, per religione, per cultura. E Gianfranco Galante con questo romanzo di una umanità sincera, sensibile e trasparente ci rende coscienti del disastro umanitario e culturale che il Nord sta commettendo.

Il viaggio verso il domani è la narrazione di una speranza raggiunta, dietro la quale però si cela la sconfitta di molti che non riescono a realizzare i propri sogni, ma anche la sconfitta di quel mondo che si ritiene superiore e che rifiuta il confronto con chi quei sogni vuole concretare.

 

Enea Biumi

domenica 6 luglio 2025

Enrico Trebbi “E così sia” (Book Editore, 2025)

 


C’è una storia che parte sempre da lontano. Assume i caratteri di quelli che sono stati i sogni, le speranze, le utopie del tempo giovane; così come la rivisitazione e l’innegabile aspetto di un sentire struggente verso il divenire inarrestabile o il suo apparire quando lo si ripensa in una età matura. Ancora di più ciò avviene nelle fasi in cui avanza la scrittura, la poesia in particolare. Allora il quotidiano evento deve farsi autentico nella sua forma più nitida, umile, saggia. “E così sia” è il titolo dell’esito poetico di Enrico Trebbi. Da subito la scrittura esprime un verso narrativo che identifica il “tu”, la relazione, l’identità di una compagna preziosa quale vocazione laica a discernere gli appunti che trasformano le discorsive tonalità di canzoniere. L’avvio è già rivelazione di un sentire personale: “Che cosa mi è mancato negli anni/ vissuti dopo averti incontrata?”. Trebbi riconosce, in un verso che tende ad allungarsi nel dicibile, la fortuna rara dell’incontro decisivo, dell’amore rivolto e ottenuto, della concretezza attualizzata dalla dimora che si fa ascolto, ricezione, atto accudiente, cura. C’è nei versi una vocazione che si esprime nell’attenzione agli elementi di natura, sospinta da un tono posato e calibrato su base regolare, quasi un effetto di respirazione che confida: “Vorrei mi si lasciasse qui, sprofondato/ in una delle giornate che amo,/ in questa quiete di preludio,/ in questa sonnolenza/ che destituisce di senso il mondo a me noto”. E’ un riconoscere nel procedere lento, dolori e riflessi, avversioni e aderenze, contrasti minimi, timori contingenti, sofferenze accumulate; il trattenersi emotivo nella prosodia dei versi esprime proprio l’opposto andare interiore verso una direzione che si fa contemporaneamente origine e meta, marcando con intenzione includente i luoghi di sosta. I temi della malattia, del recupero; l’individuare i pochi elementi certi, capaci di donare l’intensità del riscontro, assumono echi di parole donate che in scorci a volte emergono e sembrano indicare una traccia di altre voci autoriali, forse Leopardi, Sereni, Montale. C’è in Trebbi l’urgenza del dire ma in modo disteso, dialogante, sia che ciò riguardi un amore (“Amo la luce che ti segue come un’ombra,/ ti raggiunge e si posa per conforto/ sul dubbio che sta in me, severo, contorto”), sia che si tratti di rendere un diffuso tono lieve e dolente che richiama certe vibrazioni espresse in passato da Stefano Simoncelli (“Ripartiamo presto, per evitare il traffico/ che la domenica, si sa,/ sulla strada verso l’entroterra,/ di ritorno dal socievole mare/ delle coste romagnole o ferraresi,/ è quasi sempre una variabile ostile”), sia l’esperienza struggente di un affido (“E se ti guardo leggo nei tuoi occhi grandi/ il libro della tua ricerca dell’ombra”), sia il porsi di fronte alla complessità dei legami familiari, ad un riferirsi al paterno che ricorda un titolo di Geminello Alvi (“Per tutto questo e altro ancora/ il dio dei figli ti salva e assolve e perdona”). Una malinconia paziente sovrasta l’ordine delle cose che Trebbi impugna con energia residua, abituata a coniugare durezza e pietà, richiamo e comprensione, comunismo e cristianesimo. Poi, forse, la sera si fa tenue, concede l’attimo della sosta mite e acuta attraverso l’osservare, nella precarietà dei tempi, la perturbante fragilità di quei pochi ma significativi squarci nei quali il passo prolungato e costante delle sillabe diventa la prosecuzione di una sensibilità ostinata, come nel poemetto “Canti della terra”: “Tu accendi una luna di cristallo/ nel buio dei cieli che non abbiamo visto,/ mi metti una mano sugli occhi e sussurri/ che anche domani mi porterai a passeggio”, e poi la natura con i suoi elementi più nascosti,le spazialità dei luoghi che hanno animato l’esuberanza dei viaggi, le paure e ancora gli amori...”Ed erano vetri rigati di pioggia, i vetri/ fioriti di gelo, erano primavere gentili”; infine la nitida caduta inesorabile delle utopie, il non volere una verità che inesorabilmente lo diventa; come reperire i tratti oscurati della mappa quando il terreno è già mutato, rincorrere i fantasmi di una storia che ha imposto le sue leggi, eppure... è ancora l’autore stesso a rinnovare una combattuta intenzione che gli fa dire: “Non si è in pace con sé quando si tace”. Il libro si conclude con una “intervista immaginaria” del sé lettore al sé stesso poeta.

 

                                                                     Andrea Rompianesi


mercoledì 2 luglio 2025

AI CUGINI CASCINI CONSEGNATO ATTESTATO DI PLAUSO “ARS POETICA” al XVII° CONCORSO LETTERARIO “COSENZA-CITTÀ FEDERICIANA”

 



L'attestato

A Cosenza si è svolta la cerimonia di premiazione del XVII° CONCORSO LETTERARIO INTERNAZIONALE “COSENZA CITTÀ  FEDERICIANA promosso dalla Associazione Culturale “CLUB DELLA POESIA”.

  

A Prospero Antonio Cascini e Prospero Valerio Cascini per la loro opera “L’UNICITÀ della Lucania : un approccio fotografico e poetico” edita da Monetti editore è stato consegnato l’attestato riferito alle sezione E del concorso PLAUSO ARS POETICA. L’opera è stata apprezzata perché  ha messo insieme le poesie in lingua di Prospero Antonio Cascini ed in dialetto castellano-lucano di Prospero Valerio Cascini e la bella e autentica fotografia della LUCANIA di Salvatore Monetti-editore e scrittore. È stata apprezzata il sapiente maturarsi della LUCANITÀ: si parte dalla Lucanità in formazione… si arriva ….alla Lucanità intima…. alla Lucanità levigata dalla universalità ed infine alla Lucanità che diventa radice (il patrocinio del consiglio regionale  Basilicata riconosce e testimonia questi valori).


Alcune foto della Lucania


Dipinto del pittore veneto Gianni Bergamin riferito alla poesia A sta terra…!
 

Dipinto del Pittore veneto Gianni Bergamin riferito alla poesia Le Orme!




Alberto Mori “Luce solida” (Fara Editore, 2025)

 



Un “solido morbido”, una sinestesia fluttuante già si realizza nella bella immagine di copertina, anch’essa opera dell’autore, del libro “Luce solida”. E il poeta performer ed artista è Alberto Mori che ci offre una prova ulteriore del suo percorso di attento osservatore dei particolari nella loro “oggettualità”. Qui si erge nella sua disciplina di dato il rimando a cui tendere da ciò che appare, dalle forme che abitano e scolpiscono i tratti della materia, attraverso un ricorso peculiare che incide nella trasformazione del segno o, meglio, alla sua rivisitazione: “La cesura finisce/ Energia come misura/ Flusso fra sponde accese”. Eco d’origine nella percezione di accorpamenti e velature significanti da filtrare attraverso una pratica che, nella prima parte del libro, adotta componimenti brevi di tre o quattro versi dove gli stessi si essenzializzano in una concentrazione estrema di sfumature solo accennate: “Nulla del giorno/ Vastità indetta/ Semi delle ore”. Cammini non necessariamente in sintonia con un contesto complesso e imprevedibile che caratterizza la nostra attualità e costringe ad una auspicabile presa d’atto che non sia solo cedimento a derive o approdi provvisori e afoni. Lo sguardo di Mori tende a percussioni riprodotte a ibridazioni tempistiche, così “Ombre defilate in fasce oscure/ Confini dissolti in limini chiari”. La seconda parte di “Luce solida” avvia un esito graficamente debitore all’architettura visuale di certo futurismo, non escludendo tensioni neodadaiste, così come contusioni nella tracciata interiezione possibile, colma di cenni alla tracciabilità di uno spartito fonetico. Difformità di caratteri e tratti d’interpunzione abitano la pagina nella dislocazione sillabica di fortissimo impatto visivo. Schema a supporto di tessuto sia vocalico che consonantico nelle modalità che intersecano mappature oltre accenni di schema direzionale irregolare, nei trattini e in direzioni verticali, orizzontali, diagonali. Poi Alberto Mori ritorna all’essenzialità del vocabolo e della interiezione reiterata e riprodotta in tonalità linguistica simbolicamente acuita dalla “lettera segnale”: “E Tempo/ Poco A Poco Tenta/ Trasale/ Risveglia”. Ma ancora non tutto è detto quando l’autore prosegue il percorso in modo inaspettato e sorprendente ponendo a chiusura una sezione in cui le poesie sviluppano una lunghezza in versificazione verticale, focalizzata su esito descrittivo intonato ai cromatismi urbani e temporalmente distribuiti nel susseguirsi delle fasi diurne e notturne; “Nessuna ombra rimane/ Dilegua apparenza degli oggetti/ Sogni della polvere assente/ Rumori vuoti d’attesa”. In questa sezione conclusiva ogni testo inizia con lo stesso verso, esprimendo un intento anaforico e confermando poi una nota sinestetica portata a caratterizzare l’opera: “La notte buia vede”.

                                                                                      Andrea Rompianesi




mercoledì 25 giugno 2025

Andrea Rompianesi, Letteralmente, Amos Edizioni, 2025

 



(estratto dalla prefazione di Enea Biumi)


La passione e lo studio della letteratura contemporanea (quella per intenderci che va dal se­condo novecento fino ad oggi) hanno indotto Andrea Rompianesi ad un costante rapporto/confronto con quanto veniva pubblicato dal 2010 in poi, in un’ottica di critica d’autore, molto vicina a quella militante. Ciò che lo ha mosso è stato il desiderio di un assoluto approfondimento secondo una sua idea di poetica, di certo non solo soggettiva, ma ponderata in contesti più ampi, e generata da anni di perdurato interesse nonché predilezione di quello che per lui era – ed è – sostanziale al fenomeno “scrittura”.

Riuniti in quel “peculiare genere metaletterario che è un’Antologia” (l’osservazione appar­tiene a Pier Vincenzo Mengaldo) questi percorsi di scrittura sono un esempio del lavoro sul campo portato avanti da Rompianesi nella certezza di contribuire a far udire la voce degli scrittori esaminati e registrati, anche perché validamente inseriti in un contesto culturale ampio seppure a ridosso del grande pubblico, e quasi underground o borderline, vista l’oggettiva presenza di testi che coinvolgono sia sigle di nicchia che commerciali.

Sono centodue i percorsi che qui vengono presi in esame con quella visione, come esponevo, sempre attenta alla congiunzione tra significato e significante. Ogni opera ed ogni autore, infatti, vengono colti e guardati attraverso la lente di un’attenta valutazione alla ricerca di un quid capace di generare ed evidenziare individualità precise emergenti. Il suo esame, inoltre, non vuole e non deve essere solo di superficie, e quindi benevolo, bensì severo indagatore. La disanima di cui si avvale comprende le regole della retorica che offre al lettore l’intelligenza di ciò che sta scritto in un contesto di vera e propria critica letteraria, lontana però dal vuoto di una generica apologia del testo. 

I percorsi di scrittura di Rompianesi sono per evidenziare e non per elogiare, alieni da quella specie di captatio benevolentiae che spesso conduce un critico obnubilando la verità del contenuto e della forma. Ne scaturisce quindi una professionalità plasmata da un continuo studio e da una appartenenza seria e coerente al mondo della scrittura. Non per nulla la casa editrice da lui fondata ha la dicitura di “Scrittura creativa” e la promessa di pubblicare solo opere di qualità: massimo tre in un anno. 

Per rimanere nel simbolo del percorso è evidente che ogni cammino o sentiero contiene di per sé diversi indirizzi e fermate: ecco allora che l’itinerario, che viene proposto, allarga i suoi orizzonti, si distende ed estende ad altre rielaborazioni. Non esiste, ci fa sapere Rompianesi, solo la letteratura in lingua. Da Pasolini ad altri autorevoli critici, come il già citato Pier Vincenzo Mengaldo, abbiamo ormai imparato che la letteratura italiana è costituita anche da autori dialettali. Perciò il suo interesse, autorevolmente supportato, si posa anche su poeti come Nina Nasilli, Ferruccio Giuliani, Emilio Rentocchini.

Chiaramente mi è impossibile citare tutte le opere da lui analizzate. La buona volontà e soprattutto la curiosità condurranno il singolo lettore nella giusta comprensione, sebbene gli esempi che potrei fare siano molteplici e tutti indicativi del buon lavoro svolto.

Nel cammino intrapreso, dunque, si evidenziano alla fine mete e risultati. La meta è stata raggiunta con quell’accostarsi quasi in punta di piedi ai lettori, suggerendo loro, nello spirito della maieutica socratica, alcuni accostamenti, alcuni passaggi, alcuni indirizzi. I risultati sono quelli espressi in forma più o meno esplicita in un florilegio indicativo e appagante del suo lavoro.

Il compito adesso sta al lettore. Gli spunti ci sono. Basta riconoscerli e farne buon uso per una comprensione migliore di quegli autori antologizzati e per una consapevolezza maggiore di quello che la letteratura sa donarci.

 

 




mercoledì 28 maggio 2025

SEI AUTORI RACCONTANO IN TV LA LUCANIA ATTRAVERSO I PROPRI LIBRI

                                                                Giovedi 29 Maggio

ore 17:30

  I MAGNIFICI 100

MEDinLUCANIA TV

Social Media MED

  MEDinLUCANIA FOCUS ritorna con altri 6 importanti autori  per raccontare la Lucania attraverso i libri 

 Gianfranco Blasi (Potenza)

Nunzio Festa (Pomarico)

Bruno Di Pietro (Montemurro)

Vincenzo Corraro (Viggianello)

Filippo Gazzaneo (Senise)

Prospero Cascini (Castelsaraceno)

 

Conduce Leo Pisani

 Introduce Dino Nicolia

 Regia Michelangelo Tarasco


Il 29 Maggio alle ore 17,30 in TV (medinlucana tv) 6 autori lucani parleranno della LUCANIA attraverso le proprie pubblicazioni in un incontro condotto dal giornalista Leo Pisani. Ne parleranno G.Blasi, già parlamentare della Repubblica, appassionato di Poesia: si ispira ad un filone letterario  nato negli Stati Uniti nei primi del 900 “IMAGISMO”. E’ il piu’ intraprendente divulgatore culturale della nostra Regione.  

N. Festa : è nato a Matera, ha vissuto a Pomarico, in Lunigiana e ora vive in Romagna. Giornalista, poeta e scrittore collabora  con Liguriaday, Corriere Romagna  ed altri spazi  cartacei e telematici .

B. Di PIETRO( vive e lavora a Napoli esercitando la professione forense ) ha pubblicato alcune  raccolte poetiche, suoi interventi di critica  sono apparsi su Nazione Indiana. E’ presente in numerose antologie. Fondatore con Gabriele Frasca e Mariano Baino della casa editrice ”d’IF”. Vincenzo Curraro vive sui monti del Pollino, docente di lettere, ha esordito nella narrativa nel 2005 con il romanzo “Sahara Consilina”, poi la raccolta di racconti ”dimmi che centra la felicità”, poi la raccolta di poesia ”l’età del bosco”: Scrive testi per spettacoli per bambini per il Millenium Enseble, gruppo di fiati  romani.

Filippo Gazzaneo , vive a Senise e insegna storia e filosofia , narratore e poeta: traspare nella sua attività artistica il suo antico AMORE per l’ideazione, la scrittura e regia di spettacoli teatrali, scrittura di testi di analisi ,critica letteraria, filosofica e storica. 

P. Cascini, già dirigente scolastico, già consulente psicologo presso le case circondariali di Potenza e Lagonegro, nel 2016 ,dopo sessant’anni dalla sua primina (1956),si è pensionato e si è dedicato alla Poesia come amore per la sua terra e la sua Regione e i suoi affetti. Nel 2024    la sua silloge” IL GIROTONDO.. tra primina e buona scuola nella  Lucania” ha vinto il primo premio al concorso nazionale di Poesia  “ versi nel borgo”. E nel 2025 L’opera “L’unicita’ della Lucania: un approccio fotografico e poetico” è stata premiata nel concorso letterario internazionale COSENZA.. CITTA’ FEDERICIANA. 

L’incontro sarà introdotto da Dino Nicolia, Funzionario della commissione Europea  dal1988,dove si è occupato  di Politica Industriale, Politica Ambientale e ora di PAC (Politica Agricola Comune)e segue i programmi di sviluppo rurale delle piu’ importanti Regioni Meridionali . Ha pubblicato un importante testo sulla strategia euro mediterranea e le politiche di sviluppo per il mezzogiorno con prefazione dell’ex presidente ONU l’egiziano Boutros Ghali E’ Presidente dell’associazione MEDinLUCANIA una associazione che riabilita  l’impegno civile al servizio del bene COMUNE.

La Regia sarà curata da Michelangelo Tarasco! 

 


 

Valeria Cartolaro “Disregolazioni” (Transeuropa Edizioni, 2025)

I detriti incombono. I detriti sono protagonisti della raccolta di poesie “Disregolazioni”; autrice Valeria Cartolaro. “Io tendo all’ossessi...