lunedì 7 novembre 2022

Andrea Rompianesi, Tracce di pellicola da film sulla costa di ponente, Book Editore, Riva del Po, 2022, € 15,00


 

C’è sempre nell’opera di Andrea Rompianesi, sia in prosa che in poesia, un elemento filosofico che lo contraddistingue. In questa nuova silloge l’autore si cimenta apparentemente con fotogrammi come da film d’essai, ma al di là delle immagini emerge chiaramente una diagnosi, ora estremamente realistica, ora ironica, ora sarcastica, ora sentimentale, che richiama, in maniera più o meno esplicita, quello che Heidegger in Essere e Tempo affermava: il bisogno ontologico di ricercare la natura costitutiva degli oggetti a partire dal soggetto. Lo stesso Husserl aveva indagato la soggettività in relazione agli oggetti. Non a caso in una nota finale, che non va sottovalutata, l’autore rivela che “l’ambientazione di questo testo ha trovato i caratteri nel dato autobiografico, nel completo coinvolgimento d’autore. La costa di ponente è quella ligure di Diano Marina, vicino ad Imperia, con una particolare attenzione alla località di Sant’Anna dove si trova l’Hotel Arc en Ciel, dimora di passate soste nel periodo dal 2002 al 2014.”

Ciò che sta a significare questa postilla, estremamente personalistica, permette, a mio avviso, di ricostruire una lettura che va al di là dell’esperienza soggettiva di una vacanza sulla costa di ponente. L’aver insistito e sottolineato, si può dire con nome e cognome, costa ligure, Imperia, Diano Marina, località Sant’Anna, Hotel Arc en Ciel, periodo dal 2002 al 2014, mira a spostare l’accento dagli avvenimenti e dalle cose, come, in artiglieria, avviene con l’uso del falso scopo: inquadro un campanile, ad esempio, ma non sparerò su di esso, il campanile è semplice punto di riferimento.

Ecco allora che gli oggetti si materializzano nel soggetto, lo scrittore, il quale diventa per ciò stesso mezzo importante e tramite di riflessioni e speculazioni attorno a ciò che la vita impone e oppone. Già nella prima pagina il percorso sembra ormai tracciato. Ci sono segni evidenti di aspettativa e di novità.

“Il buio della notte è leggero, impalpabile, atteso ed aperto alla consolazione del mare immobile.” Il buio rappresenta l’animo dell’autore che attende risposte da chi, come il mare, rimane apparentemente immobile. Ed è solo l’inizio. Nel prosieguo il “particulare” continua ad inseguire lo scrittore come un’ombra: lo slargo, il parcheggio, le case, i corpi seminudi, gli scalini, la spiaggia, le tazzine, i bicchieri e via dicendo. Il tutto, poi, impone un viaggio a ritroso nel tempo e costringe a ripassare il passato e a ripensarlo. “Penso ai tanti viaggi compiuti in passato; a come il movimento sia stato adeguata necessità di una natura ipercinetica, ma anche interessata a toccare fisicamente ciò che diciamo altro.”  

La costa di ponente assume quindi, sotto un certo aspetto, il valore e l’importanza che per Proust ebbe la sua madeleine. Non dimentichiamoci che in una silloge precedente di poesia Rompianesi ha pubblicato proprio un volume dal titolo “Metrò Madeleine”.

In tal modo il viaggio nel passato rappresenta un momento di autoanalisi, essendo il viaggio, da sempre, un topos della letteratura che serve ad approfondire non solo se stessi, sibbene il mondo che ci circonda. La riflessione porta dunque alla conoscenza, riscopre quella parte di noi che non sempre emerge, chiarifica scelte ed abitudini tanto che ci addentriamo sempre di più in quell’impalpabile groviglio filosofico necessario per ripartire il giorno dopo, magari con gli stessi gesti, le stesse volontà, gli stessi errori, ma più consapevoli.

Sotto quest’ottica l’introspezione coglie necessariamente ciò che sta più a cuore all’autore: la filosofia. “Una credenza popolare ritiene che la filosofia sia disciplina astratta; niente di più lontano dal vero. La filosofia è di una concretezza assoluta… non solo gli enti, le cose, sono… ma l’essere stesso, in quanto tale, è.” E per dimostrarlo l’autore fa sì che, immediatamente, il pensiero divenga oggetto che, momentaneamente, si incarna in una madre bionda, di una magrezza anoressica, che scende da una vettura rossa accompagnata da tre bambini tanto identici da sembrare cloni. Più tardi gli oggetti saranno la bicicletta, i chioschi con pareti rugginose, un bar, il piccolo market, un complesso alberghiero.

La realtà, il concreto, l’oggetto: tutti elementi riconducibili ad una filosofia dell’essere e che diventano altrettanti simboli di un’esistenza meditata: una specie di correlativo oggettivo montaliano che si traduce in una molteplicità di slide o fotogrammi su cui posare lo sguardo critico e imparziale, vista l’estrema soggettività dell’esperienza. “Il cielo terso conduce a rinnovare le immagini di altri luoghi, rivisitati, forse reinterpretati anche, come vere sequenze.” 

L’insistenza con la quale Rompianesi propone la visione del paesaggio circostante impone comunque una meditazione, che ipso facto, diventa confessione. “Confesso… sì, voglio confessarmi” e nella confessione una preghiera: “Non sappiamo né il giorno né l’ora… dunque dobbiamo stare pronti, con le lucerne accese.”  La fede dell’autore si consolida mentre prosegue il cammino e “l’attenzione elude la morte; ma quest’ultima non è che una puntura di spillo, talmente rapida da trasformarsi in sollievo.”

In questa disanima in cui prevale l’argomento ontologico, cosmologico, teleologico, si inserisce un elemento da non sottovalutare, ancorché in secondo piano rispetto al resto: l’attenzione linguistica, dimostrata dal fatto, ad esempio, di scrivere vólto per indirizzare immediatamente il lettore ad una giusta ortoepia, o di scrivere spazî, con l’accento circonflesso, per evidenziarne il plurale, e soprattutto il voler stigmatizzare, in una specie di diascopia, il vizio tipico italiano di utilizzare vocaboli stranieri (in prevalenza inglesi) per cui “siamo diventati, da tempo, vittime felici di un colonialismo linguistico approssimativo e insopportabile.” Per questo, ironicamente, lo scrittore conclude affermando di voler approfondire lo studio dell’inglese solo “quando la maggioranza degli inglesi si impegnerà in una acquisizione approfondita dell’italiano.”

Tanti sono i momenti di ripensamento, tante sono le occasioni che attraversano la vita apparentemente oziosa o da spiaggia, come si suol dire, presenti in queste pagine che offrono al lettore emozioni poetiche e ragionamenti filosofici. Siamo di fronte ad un lavoro di sintesi in cui la poesia diventa prosa e la prosa si fa poesia. Ed alla fine, come in una pellicola, le numerose tracce che l’autore ci propone ci permettono un’analisi del presente, o per lo meno, il tentativo di analizzare e ripensare l’esistenza in un raffronto confronto con le immagini e le riflessioni qui esposte.

“Allora ci sarà, forse, in qualche piccolo anfratto delle nostre definizioni, categorie, speculazioni, sillogismi, il tenace tempo noetico che, compiendosi, assolverà il presente per farsi comunione; ci sarà, infine o all’inizio, la piena coincidenza di essenza e di esistenza.”

            E quasi a sviluppare un trait-d’union, come fosse una legatura musicale, tra la prima ed ultima pagina, in pieno stile e riconoscimento cinematografico, con una vena sottilmente ironica, ecco apparire una sagoma umana, un uomo, un amico, sempre più somigliante a Jack Nicholson (…) ancora più somigliante a Jack Nicholson.

 

Enea Biumi

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