domenica 29 maggio 2022

Adelfo Maurizio Forni, La spia del Titanic, Genesi Editrice, Torino, 2021


 


Una spy story tutta nostrana che mostra l’abilità narrativa e descrittiva di Adelfo Forni. Un’avventura a tutto tondo di un ragazzo napoletano sveglio e promettente che viene indirizzato nei servizi segreti dello Stato italiano ai primi del novecento e che vedrà concludere la propria esperienza durante la seconda guerra mondiale.

Il romanzo impostato in prima persona rivela la mano attenta dello scrittore che segue in maniera scrupolosa il suo personaggio, così come ha seguito in passato i suoi sette libri considerati e amati come figli.

Totò, il protagonista di questa intrigante storia di spionaggio, fa ufficialmente il barbiere come suo padre e prima ancora suo nonno. Ma dietro questa facciata c’è il lavorio segreto e spesso pericoloso di informatore.

Siamo all’inizio del secolo. Le nazioni europee sono tra loro diffidenti. Gli interessi sono molteplici e nessuna vuole soccombere alle altre. L’Italia desidera allargare i propri confini acquisendo territori africani, ma incontra ostacoli soprattutto creati dalla Francia. La Triplice alleanza regge. E regge pure la diffidenza tra alleati. Si pensa quindi di creare una rete di spionaggio per prevenire eventuali tradimenti e conoscere le mosse degli avversari, non ancora nemici. In questa situazione si inserisce il nostro personaggio che inizia a raccontare se stesso nel momento in cui sale sul Titanic col nome di Alì Assam.

Come in un flash back cinematografico l’autore ci fa vedere l’infanzia del protagonista presso la bottega paterna di barbiere, l’incontro con don Vincenzo che lo porterà a Roma, dove imparerà il mestiere di spia, i suoi primi passi a Marsiglia e poi a Damasco pronto per altre avventure.

La prima di queste proprio sul Titanic.

Non sto a rivelare oltre la trama del romanzo per non far scemare l’interesse al lettore. Sottolineo solo la capacità espositiva di Forni che da una pagina all’altra ci porta al seguito di imprese spionistiche vere o presunte, facendoci gustare il clima di un’epoca, come quella del primo novecento, colma di contrasti, imprevisti e rigurgiti nazionalisti, che porteranno alle due guerre mondiali.

Da notare anche la minuziosa descrizione dell’ambiente del Titanic, il panico di quegli ultimi istanti, che danno la sensazione come di una anticipazione della catastrofe che avverrà in seguito con la seconda guerra mondiale. Una minuziosità dovuta allo studio e all’approfondimento delle vicende storiche analizzate e una abilità che permette di unire fantasia e realtà in un unicum avvincente cui il lettore non può sottrarsi.

La spia del Titanic appare quindi anche come una grande metafora della vita. Un viaggio verso una meta da acquisire o conquistare attraverso la capacità di adattamento alle varie situazioni. Come un personaggio pirandelliano Totò caffelatte si trasforma in Alì Assam per resuscitare poi a New York, dopo l’affondamento della nave, col nome di Michelangelo Colombo detto Mike. Ma il cambiamento è solo nel nome. Lo spirito, la volontà, i gesti rimangono gli stessi: quelli di uno 007 ante litteram e per giunta italiano, che si infiltra dappertutto, nelle situazioni più disparate e pericolose, perché il suo mestiere è quello dell’informatore. E il suo mestiere lo sa ben fare. Come del resto Adelfo Maurizio Forni sa fare il narratore rapendoci nel magico e avventuroso mondo dello spionaggio.        


Enea Biumi                                                                               

giovedì 5 maggio 2022

Ranieri Teti “La vita impressa” Book Editore, 2022


Quando una vera e propria prosa creativa, libera comunque dai lacci di qualsivoglia canone, riesce a convincere e coinvolgere, sorge una sensazione di apertura, anche in questi nostri tempi incerti. Poiché allora davvero, come dice Laura Caccia nella sua nota, i nomi riescono a fondare l’esistere, bastano a fare la vita. L’esito è “La vita impressa”, appunto, di Ranieri Teti, per lunghi anni tra i redattori della rivista “Anterem” diretta da Flavio Ermini, e ora curatore delle edizioni omonime. Il testo, sviluppato nell’arco di quindici anni, è strutturato in brani ontologicamente costituiti da una frammentazione ricomposta dall’’ondeggiare ritmico, pacato, riflessivo, che determina nella concentrazione dei passaggi il riproporsi sempre più incalzante e assiduo del passato, degli episodi reinterpretati nella continuità inesausta e filtrata. La bellezza linguistica qui diviene nitore morale, “si vive, progressivamente entrando nell’ordito di un ritorno, con il rumore degli aghi nelle impunture... raccogliendo quello che la vita depone e lascia all’incanto, nel diario degli anni”. C’è un risuono in accenno di sinestesie cadute all’ombra delle polarità scoperte, quali fonti di energia semantica approntata alla condivisione dei segni in natura posti al deflagrare dei rimandi o percezioni instabili, coniugando il destino di percorsi negati, moti relazionabili a luoghi reinterpretati. Il tono letterario di Ranieri Teti trova nitidissima traccia di equilibrio denso e sapiente, enunciato nell’asperità della frammentazione dalla quale si origina il sussulto anelante e proficuo che abita lo spazio della pagina, dichiarando la peculiarità dell’evento. I segni riflessi decifrano costanti l’apparato udibile percepito e inalato nei successivi idonei espedienti, emissari di una tenuta compositiva capace d’invenire gli spunti tracciabili che dissolvono ogni rischio di deriva propria del paurare. Così l’esodo non è fuga, non impone scarto o scoglio ma imprime composizione di tracce a decretare esegesi ostinata. La solidità del vocabolo interviene a disgiogare come a promettere sviluppo di tempi nella costitutiva valenza delle parole. E’ una danza ospitata oltre le trafitture che si fa passo esplorativo, composto fonetico escludente l’indugio, in una nominazione comparativa e reiterante, pur nella volontà di mantenere il netto rigore di un equilibrio espressivo. E’ come accorgersi delle consistenze nei presidi, delle similari attenuazioni che collegano eventi lontani, riemerse opzioni di moto, come successioni di frequenze interpretabili “in un continuo esilio, con quello che resta del grido quando precipita il vento”; Ranieri Teti esplicita il contenuto dedicarsi alla possibilità di rallentare il processo analitico, concedendo una rigorosa meditazione coinvolgente le sfumature rivelate dagli elementi. La domanda circa il troppo o il troppo poco incessante nella composizione delle percezioni denota il carattere aurorale delle scelte lessicali, attraverso fascinazioni migranti oltre il solco della verifica dove può non mancare “il fango sulla portiera in questa fermata”. Indubbiamente emergono anche tracce di abbandoni, solitudini, divisioni, transizioni, ma il restante si fa corpo e intelaiatura di progressive visibilità completanti lo spazio abitato dalla potenzialità della parola pensata e pensante. A volte una vocazione all’anafora sottopone l’esprimibile al riscontro articolato nei rimandi di confine ed esilio verso l’epicentro del sentire e il veicolarsi delle trasparenze. L’elencazione conferma dimore pausate, versanti possibili, figure a scomparsa, profili a frotte nonché un diradarsi aperto a imminenze sospese. Ranieri Teti incide operazioni votate alla misura di una osservazione inerente ai tracciati rivedibili oltre gli orizzonti periferici, muovendo sempre il segno “all’improvviso quando il perduto si chiama ricordo”. Il linguistico reficiare nutre espedienti accorpati in attesa di sviluppi in accenni, comportando un idoneo rigore che essenzializza suggestioni a passaggio “tra i passi sul selciato come solo nel sonoro di un film, la portiera rimasta aperta e più in là il mare”.

  Andrea Rompianesi

 

 


venerdì 22 aprile 2022

Gianfranco Galante, "Cento volte ancora" (seduto al mio ansare), Scriptores, Varese 2021, € 15,00


 

L’elemento sicuramente interessante della poetica di Galante consiste innanzitutto nel suo approccio stilistico. Quali sono quindi le caratteristiche del suo modus operandi? Una prima risposta consiste nella volontà di recuperare un linguaggio che per molti può apparire desueto ma che stimola la lettura e induce alla riflessione. Tuttavia perché un poeta del terzo millennio dovrebbe utilizzare termini e sintassi che ricordano l’ottocento? Che cosa sta dietro a questa operazione non certo di facciata ma decisamente contenutistica? Analizzando dapprima la forma troviamo allora vocaboli come “smusse basole”, “bruma silente”, “come stelle furo”, “nocumento”, “vita vagisce”, “stilla”, “fibrillo”, con accenni oltre che letterari anche tecnici, se si vuole. Accanto a questi termini notiamo anche una costruzione sintattica che abolisce spesso l’uso dell’articolo introducendo direttamente il nome: “Vento già scuote fronde ed assilli,/ mente confonde il cuore a fibrillo”. E se andiamo più a fondo verifichiamo anche un genitivo sassone, “di figlio la figlia”, oppure  una rielaborazione dell’usanza latina di posticipare il verbo alla fine della frase, “e verbo alato,/ vinto, avvinca”. Si assiste anche all’uso frequente del “cui” non in posizione di complemento di termine ma di rimando concettuale, spesso figurativo, “nel cosmo infinito/ cui spazio è offerto al grande scrittor”. L’impiego stesso dei versi senari, quinari, settenari in forme alternative, l’uso di rime e assonanze in grado di richiamare concetti similari e/o antitetici, (“Adesso, giacché sveglio,/ averti addosso voglio,/ con la pelle tua adesa / che, su me me stesa, piano poggia; / ‘sì come voglio pioggia”,) fanno della poesia di Galante un unicum preciso e specifico. La parola può diventare gioco, come si è visto, attraverso rimandi armonici e talvolta ironici. E la forma in questo caso serve a richiamare la sostanza. Il tutto, poi, ci restituisce un ordine. Meglio ancora ci invita ad un viaggio interiore durante il quale il poeta si concede una sosta affinché la viandanza lo induca, insieme con il lettore, comunque coinvolto,  ad una riflessione. Si guardi ad esempio al titolo che dà il nome alla raccolta. “Cento volte ancora” (seduto al mio ansare). È già tutto specificato lì: una sintesi della silloge in essere. Il suo ansare non è che l’iter della sua vita, dove ansare implica non solo l’affanno, ma pure il dolore, il desiderio di conquista, la felicità, pur rara, ottenuta; mentre il rimanere seduto sta a significare la sosta tranquilla e riflessiva, per nulla scontata; e il numero cento sottintende simbolicamente, in una specie di cabala laica, l’iterazione della memoria. La visione che ne produce è uno sforzo riflessivo che coincide con le immagini descritte e rappresentate iconicamente. “Tornan da sepolti ricordi mai sbiaditi,/ pensieri sol sopiti; dal presente tolti”. Il riemergere degli accadimenti nella loro inusuale formula ritmica disegnano rimandi ed intrecci personali. C’è una specie di effetto domino che si erge nel tempo e nello spazio, quasi enigma cui si voglia sfuggire per non avere risposte dolorose. “Lasciami vita, sii pièta,/ giacché accanita al tuo voler mi piego; /e chiedo a fil di voce / sì ch’io pur che preghi:/ ‘Basta, bieca vita!’”.  Ma gli interrogativi avanzano originando un intrecciarsi di azioni e reazioni, organizzate in versi simmetrici che servono a congiungere ritmi e pause, gioie e travagli, affetti e desideri. L’introspezione diventa la fase principale dello scrivere coniugato nel verticalismo dei versi brevi, che, come detto sono vincolati alla continua osservazione minuziosa, dove la rivisitazione delle vicende legate alla propria vita evoca confessioni in prima persona che ci offrono una prospettiva di intimo travaglio dell’anima, destinato comunque a riprendere il viaggio, sempre accompagnato naturalmente a qualche buona e ineludibile sosta. “Mesto abbasso pièto sguardo/ e prego il tempo che mi senta;/ scorra presto, passi in fretta, la mia vita ormai dismetta. / Ponga fine a inutil viaggio /tanto, è vero, s’è di passaggio”

 Enea Biumi

 

 

 

venerdì 18 febbraio 2022

CALANDARI D'RA FAMIGLIA BOSINA 2022


 

Indice

 Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 

Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5

 Calandàri par ur 2022 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7 

Harmony di Luca Broggini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19 

Dall’io al noi di Mons. Luigi Panighetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20 

I giovani sapranno ringraziarci di Davide Galimberti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 

Eredi della tradizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22 

Cronache, in sintesi, del 2020 di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 23 

ATTUALITA'

 Medico volontario vaccinatore, una scelta inevitabile di Pierluigi Turtura . . . . » 32 

Tre Valli, cento emozioni di Paolo Costa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36 

De Marchi marchia la Tre Valli centenaria di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . » 40

 La Madonna del Campo dei Fiori di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 43 

ANMIG, nella storia e nel futuro di Fiorenzo Croci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46 

Varese: il fascino dei laghi di Ezio Motterle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 50 

Il grande cuore di Varese di Gianni Spartà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 56 

LA GENTE 

Dante Isella, a cento anni dalla nascita di Federico Bianchessi Taccioli . . . . . » 60 

Giampaolo Cottini: la meraviglia per conoscere di Luca Cottini . . . . . . . . . . . » 64 

Natale Gorini: re, poeta e… monello di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69 

Augusto Caravati, il visionario della concretezza di Fausto Bonoldi . . . . . . . . » 73 

Varese 1932, novant’anni fa il debutto de “I Bandiera” di Luisa Negri . . . . . . » 78 

Un giovane maestro di novant’anni fa: Leopoldo Giampaolo di Laura Aresi . . » 81

LA STORIA E LE STORIE 

In punta di sonetto di Giuliano Mangano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 90

 Un’opera originale varesina: Il marito alla moda (1810) di Pietro Della Valle con libretto di Luigi Grossi di Bruno Belli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 99 

La Giustizia a Varese nel ’600 e nel ’700 di Fernando Cova . . . . . . . . . . . . . . » 157 

La Grisa di Massimo Lodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 162

 I custodi varesini del tesoro di Mozart di Federico Bianchessi Taccioli . . . . . . » 164 

A zonzo per l’Europa di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 172 

Una persona alla mano di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 178 I

L TERRITORIO 

Nomignoli di periferia (fenomeni varesini - n. 2) di Roberto Fassi . . . . . . . . . . » 180

 Ipotesi di Paolo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 185

 La curva del Gasato di Pierluigi Tamborini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 188

 Toccherò il cielo di Serena Martegani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 194 

Il ritorno di San Rocco a Comerio di Federica Lucchini . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 197 

La banda cunt i barbisìtt di Giovanna Gervasini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 199

 L’idea geniale della Santabarbara di Dedo Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 201

 L’ARTE, GLI ARTISTI, I LIBRI

Il sacro di Albino Reggiori al Santo Stefano di Laveno Mombello di Silvano Colombo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 208 

Bruno Belli e la dimora dei Toeplitz di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 212

 La Linea lombardo-belfortese di Dino Azzalin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 215 

Un ricordo di Piero Cicoli di Alberto Palazzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 224 

Le montagne di Carlo di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 228 

UL CANTUN DUL DIALET 

Ul cariö e ’l Curonavirus di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 230 

Ul primm d’utùbar da tanti ann fa di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 231 

La guèra dul Lino - 7/7 di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 234 

Ul punt di strìj a san Férmu di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 236 

Ul “Babbo Natale” di Lidia Munaretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 238

 La Gina di Livio Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 240 

Rusumada e granel di Gregorio Cerini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 241

 LE ATTIVITA' DELLA FAMIGLIA BOSINA 2020-2021 

Festa degli Auguri e Calandàri 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 246 

Festa du ra Giöbia 2021 e Poeta Bosino 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 249

 Il discorso del Re . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 254

Fotomascherine di Carnevale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 259 

Festa di San Vittore e Girometta d’Oro 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 261 

Le Giromette d’Oro a oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 266 

Premio ippico Famiglia Bosina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 268 

Castellanze in centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 269

 La ricchezza del Calandàri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 271

VERNICE n° 60: rivista di formazione e cultura, Torino 2022, € 20,00


E' uscito il nuovo numero della rivista torinese "Vernice"

Tra i numerosi interventi  (la rivista conta circa 110 pagine) interessante è l'intervista a Cesare Viviani, nonché gli interventi di L. Berti sul poeta Nino Pinto; di Carlo Di Lieto sul poeta N. Prebenna che incontra Dante; di C. Toscani che esamina le "tracce dell'inconscio" commentando l'ultima fatica di Di Lieto; Cesare Morali che ricorda Liana De Luca; Aldo Sisto che riflette sul libro di Vito Mancuso a proposito del senso della vita; Giovanni Stella che ci parla del suo rapporto trentennale con Barberi Squarotti e dell'ultimo romanzo di Gros-Pietro "Le farfalle di Paciolo".

mercoledì 9 febbraio 2022

"Maris ast" Nota critica di Annitta Di Mineo


Vena lirica priva di orpelli, senza retorica ma con razionalità Enea Biumi  in “Maris ast” dissemina componimenti poetici che accompagnano il rifiuto delle lacerazioni impugnando ragioni di limiti ideologici, di ferite profonde contro la cecità del vero, sprezzature che tendono a far notare un tradimento di tutti gli ideali progressisti. Qui il genere umano e la sua civiltà rischiano il collasso, in tanti si comportano come se nulla fosse, continuare la vita di sempre o voltare le spalle. In una sorta di rimozione collettiva Biumi irrompe per l’urgenza nel vedere una società astenizzata e una comunità oramai anestizzata dinanzi alle paure, alla rabbia, alle ingiustizie, alle violenze, alle guerre. Una piena coscienza della realtà, di accorgersi di quanto questa vita sia autentica. Capacità di isolare momenti rappresentati da vari eventi che si ricollegano al resto della società con comportamenti, dialoghi e discettazioni.

Qual è il messaggio? Non difendere i propri interessi e il proprio status quo, non negare l’evidenza, facciamone una questione morale. Un insegnamento attraverso una poetica di denuncia, non ignoriamo perché l’uomo mediocre divora tutto e toglie il senso ai fatti reali. Non essere fatui, fermarsi per riflettere e analizzare, con un forte richiamo al Verismo fotografa poeticamente lo scollamento della realtà tra le varie classi sociali.

Poesie severe, senza titolo; in “Maris ast” ogni poesia non ha bisogno di un titolo va solamente letta, la chiave di lettura la troverà il lettore. Poesie dense e talvolta brevi permettono di vedere un’altra verità. Una poetica riflessiva come strumento rivelatore, di un indagatore impegnato a osservare e a indagare la vita. Rievoca l’ambiente in cui viviamo, ricordi e momenti in agrodolce riaffiorano, un diario interiore che registra la crescita e lo sviluppo sociale, una mappatura di emozioni, una amigdala tra la gestione di forti sensazioni e le indignazioni che prevalgono sull’amarezza.

La finezza poetica supporta l’efficacia del messaggio. Intense e straziante sono le liriche, si palesa immediatamente un interscambio di riflessioni tra poeta e lettore; si mescolano, agiscono una sull’altra per un rispecchiamento antropologico e morale. Non è mai tardi per svegliarsi, non sussiste il senso di inadeguatezza nell’affrontare gli accadimenti, non banalizzare le tragedie quotidiane come un errore, all’occorrenza assumersi le responsabilità. In un mondo cieco e sordo avviciniamoci a questo scrigno poetico colmo di umanità, umiltà e coraggio, senza lasciare cadere nel vacuo il contenuto. Il poeta invita a far risuonare in noi il battito del cuore. Le parole vengono distillate in un dolore che scava e al medesimo tempo le eleva alla tremenda bellezza della vita.

Il dramma si intesse con la vita degli altri, noi non siamo altro, noi non siamo estranei.

Parla di noi, ci racconta di noi stessi, fa memoria della società contemporanea, una galleria di persone, di personaggi, di eventi storici o di cronaca con un ritmo che intreccia l’immagine evocata in una poetica fortemente realista.

Genuina, sentita e accorata è la poesia di Enea Biumi in “Maris ast”.

 

martedì 1 febbraio 2022

Giovanni Lovisetto “Scavi Urbani” (Transeuropa Edizioni, 2021)


 

Un esordio poetico di coinvolgente tessitura e specifica maturità. Attraverso un sentire partecipe espresso in versi che contemplano, in una asimmetria votata alla variazione, il rivisitare interpretativo dell’episodio dicibile nella sua empatica ragione. “Scavi Urbani” è l’opera prima di Giovanni Lovisetto che si sviluppa dagli ambienti toscani dell’origine alla New York acquisita nella sua potenzialità includente. L’interiorità scava il sentiero più intimo della confessione sensuale e premia l’attesa della finitura linguistica nella peculiarità della disciplina semantica. Comunque, prima della specifica attenzione, è il lasciarsi andare all’onda di un desiderio abilitante la facoltà di nominare. E’ l’attesa del ritorno, nella danza degli incontri che affluiscono alla coscienza del fatto; allora “ti chiederai se è vera la condanna/ mentre l’assoluzione ancora tarda/ e speri sia l’ultima corolla/ che si apre/ a maggio inoltrato nel roseto”. Ricerca di una voce consapevole degli echi, paesaggi sfumati, coincidenze e intermittenze, timori partecipati nei dettagli serali; l’intenzione di Lovisetto naviga tra i colori delle varianti, nelle affettività segnate dall’alternarsi del perdersi e ritrovarsi a quel punto forse mutati, come ricreati in una limpidezza assorta. “Era luglio, ma poteva/ essere per sempre,/ sabbia tra le dita/ che non scivola”; clausure finiscono e attese bruciano, nella composta evidenza di un assalto che impedisce la resa, converge in una paziente volontà di discernere i moti sotterranei e palpabili, le levigatezze che estendono la peculiarità di una flagranza concessa. Variazioni in tonalità discorsive accompagnano il dicibile delle voci ritraibili dalle modulazioni dei respiri. L’osservazione, sembra dire l’autore, comunicherà “se noi sapremo (lo dicono/ i tuoi occhi e i palmi)/ rivendicarci sempre un po’ di spazio,/ accorciando chilometri”; quasi il gesto a cui ricorrere per acquisire la consapevolezza di piacere, nella agibilità dell’incontro. Ci sono poi poesie in cui lo sguardo si apre sullo scenario americano e nelle quali si distingue la ricezione degli enti tangibili, propriamente corrisposti in correlativi matericamente identificati, quando “cambia il suo volto in ponte/ grattacielo parco insegna al neon/ statua megastore o truck/ di cucina greca su Amsterdam Ave”. Le luci e le foglie, la pioggia e le strade, le fermate della metro, gli angoli e i corpi esprimono l’acutezza del sentire, l’epidermica passione nuda, l’epifania perturbante dei tratti amati, la predominanza delle attese e dei rimandi, l’esprimibile vicissitudine del passo nomade. Siamo, con la poesia di Giovanni Lovisetto, forse “in cerca di una dose di cielo,/ di venature celesti inclini al viola”.

                                                                         Andrea Rompianesi

L'ANIMA nella Poesia di Prospero Cascini fotografata attraverso la PROPRIA, a cura di Salvatore Monetti

  La poesia, in molte delle sue forme, è molto più di un semplice esercizio linguistico o di un passatempo estetico. Essa è da meditazione. ...