Quando
una vera e propria prosa creativa, libera comunque dai lacci di qualsivoglia
canone, riesce a convincere e coinvolgere, sorge una sensazione di apertura,
anche in questi nostri tempi incerti. Poiché allora davvero, come dice Laura
Caccia nella sua nota, i nomi riescono a fondare l’esistere, bastano a fare la
vita. L’esito è “La vita impressa”, appunto, di Ranieri Teti, per lunghi anni
tra i redattori della rivista “Anterem” diretta da Flavio Ermini, e ora
curatore delle edizioni omonime. Il testo, sviluppato nell’arco di quindici
anni, è strutturato in brani ontologicamente costituiti da una frammentazione
ricomposta dall’’ondeggiare ritmico, pacato, riflessivo, che determina nella
concentrazione dei passaggi il riproporsi sempre più incalzante e assiduo del
passato, degli episodi reinterpretati nella continuità inesausta e filtrata. La
bellezza linguistica qui diviene nitore morale, “si vive, progressivamente
entrando nell’ordito di un ritorno, con il rumore degli aghi nelle impunture...
raccogliendo quello che la vita depone e lascia all’incanto, nel diario degli
anni”. C’è un risuono in accenno di sinestesie cadute all’ombra delle polarità
scoperte, quali fonti di energia semantica approntata alla condivisione dei
segni in natura posti al deflagrare dei rimandi o percezioni instabili,
coniugando il destino di percorsi negati, moti relazionabili a luoghi
reinterpretati. Il tono letterario di Ranieri Teti trova nitidissima traccia di
equilibrio denso e sapiente, enunciato nell’asperità della frammentazione dalla
quale si origina il sussulto anelante e proficuo che abita lo spazio della
pagina, dichiarando la peculiarità dell’evento. I segni riflessi decifrano
costanti l’apparato udibile percepito e inalato nei successivi idonei
espedienti, emissari di una tenuta compositiva capace d’invenire gli spunti
tracciabili che dissolvono ogni rischio di deriva propria del paurare. Così
l’esodo non è fuga, non impone scarto o scoglio ma imprime composizione di
tracce a decretare esegesi ostinata. La solidità del vocabolo interviene a
disgiogare come a promettere sviluppo di tempi nella costitutiva valenza delle
parole. E’ una danza ospitata oltre le trafitture che si fa passo esplorativo,
composto fonetico escludente l’indugio, in una nominazione comparativa e reiterante,
pur nella volontà di mantenere il netto rigore di un equilibrio espressivo. E’
come accorgersi delle consistenze nei presidi, delle similari attenuazioni che
collegano eventi lontani, riemerse opzioni di moto, come successioni di
frequenze interpretabili “in un continuo esilio, con quello che resta del grido
quando precipita il vento”; Ranieri Teti esplicita il contenuto dedicarsi alla
possibilità di rallentare il processo analitico, concedendo una rigorosa
meditazione coinvolgente le sfumature rivelate dagli elementi. La domanda circa
il troppo o il troppo poco incessante nella composizione delle percezioni
denota il carattere aurorale delle scelte lessicali, attraverso fascinazioni
migranti oltre il solco della verifica dove può non mancare “il fango sulla
portiera in questa fermata”. Indubbiamente emergono anche tracce di abbandoni,
solitudini, divisioni, transizioni, ma il restante si fa corpo e intelaiatura
di progressive visibilità completanti lo spazio abitato dalla potenzialità
della parola pensata e pensante. A volte una vocazione all’anafora sottopone
l’esprimibile al riscontro articolato nei rimandi di confine ed esilio verso
l’epicentro del sentire e il veicolarsi delle trasparenze. L’elencazione
conferma dimore pausate, versanti possibili, figure a scomparsa, profili a
frotte nonché un diradarsi aperto a imminenze sospese. Ranieri Teti incide
operazioni votate alla misura di una osservazione inerente ai tracciati
rivedibili oltre gli orizzonti periferici, muovendo sempre il segno “all’improvviso
quando il perduto si chiama ricordo”. Il linguistico reficiare nutre espedienti
accorpati in attesa di sviluppi in accenni, comportando un idoneo rigore che
essenzializza suggestioni a passaggio “tra i passi sul selciato come solo nel
sonoro di un film, la portiera rimasta aperta e più in là il mare”.
Scrittura Nomade - Viaggio polidiomatico di Arte e Cultura - Variazioni sul tema scrittura
giovedì 5 maggio 2022
Ranieri Teti “La vita impressa” Book Editore, 2022
venerdì 22 aprile 2022
Gianfranco Galante, "Cento volte ancora" (seduto al mio ansare), Scriptores, Varese 2021, € 15,00
L’elemento
sicuramente interessante della poetica di Galante consiste innanzitutto nel suo
approccio stilistico. Quali sono quindi le caratteristiche del suo modus
operandi? Una prima risposta consiste nella volontà di recuperare un
linguaggio che per molti può apparire desueto ma che stimola la lettura e
induce alla riflessione. Tuttavia perché un poeta del terzo millennio dovrebbe
utilizzare termini e sintassi che ricordano l’ottocento? Che cosa sta dietro a
questa operazione non certo di facciata ma decisamente contenutistica? Analizzando
dapprima la forma troviamo allora vocaboli come “smusse basole”, “bruma
silente”, “come stelle furo”, “nocumento”, “vita vagisce”, “stilla”, “fibrillo”,
con accenni oltre che letterari anche tecnici, se si vuole. Accanto a questi termini
notiamo anche una costruzione sintattica che abolisce spesso l’uso dell’articolo
introducendo direttamente il nome: “Vento già scuote fronde ed assilli,/
mente confonde il cuore a fibrillo”. E se andiamo più a fondo verifichiamo anche
un genitivo sassone, “di figlio la figlia”, oppure una rielaborazione dell’usanza latina di posticipare
il verbo alla fine della frase, “e verbo alato,/ vinto, avvinca”. Si
assiste anche all’uso frequente del “cui” non in posizione di complemento
di termine ma di rimando concettuale, spesso figurativo, “nel cosmo infinito/
cui spazio è offerto al grande scrittor”. L’impiego stesso dei versi senari,
quinari, settenari in forme alternative, l’uso di rime e assonanze in grado di
richiamare concetti similari e/o antitetici, (“Adesso, giacché sveglio,/
averti addosso voglio,/ con la pelle tua adesa / che, su me me stesa, piano
poggia; / ‘sì come voglio pioggia”,) fanno della poesia di Galante un unicum
preciso e specifico. La parola può diventare gioco, come si è visto, attraverso
rimandi armonici e talvolta ironici. E la forma in questo caso serve a richiamare
la sostanza. Il tutto, poi, ci restituisce un ordine. Meglio ancora ci invita
ad un viaggio interiore durante il quale il poeta si concede una sosta affinché
la viandanza lo induca, insieme con il lettore, comunque coinvolto, ad una riflessione. Si guardi ad esempio al
titolo che dà il nome alla raccolta. “Cento volte ancora” (seduto al mio
ansare). È già tutto specificato lì: una sintesi della silloge in essere. Il
suo ansare non è che l’iter della sua vita, dove ansare implica non solo l’affanno,
ma pure il dolore, il desiderio di conquista, la felicità, pur rara, ottenuta;
mentre il rimanere seduto sta a significare la sosta tranquilla e riflessiva,
per nulla scontata; e il numero cento sottintende simbolicamente, in una specie
di cabala laica, l’iterazione della memoria. La visione che ne produce è uno
sforzo riflessivo che coincide con le immagini descritte e rappresentate
iconicamente. “Tornan da sepolti ricordi mai sbiaditi,/ pensieri sol sopiti;
dal presente tolti”. Il riemergere degli accadimenti nella loro inusuale
formula ritmica disegnano rimandi ed intrecci personali. C’è una specie di
effetto domino che si erge nel tempo e nello spazio, quasi enigma cui si voglia
sfuggire per non avere risposte dolorose. “Lasciami vita, sii pièta,/
giacché accanita al tuo voler mi piego; /e chiedo a fil di voce / sì ch’io pur
che preghi:/ ‘Basta, bieca vita!’”. Ma
gli interrogativi avanzano originando un intrecciarsi di azioni e reazioni,
organizzate in versi simmetrici che servono a congiungere ritmi e pause, gioie
e travagli, affetti e desideri. L’introspezione diventa la fase principale
dello scrivere coniugato nel verticalismo dei versi brevi, che, come detto sono
vincolati alla continua osservazione minuziosa, dove la rivisitazione delle
vicende legate alla propria vita evoca confessioni in prima persona che ci
offrono una prospettiva di intimo travaglio dell’anima, destinato comunque a riprendere
il viaggio, sempre accompagnato naturalmente a qualche buona e ineludibile sosta.
“Mesto abbasso pièto sguardo/ e prego il tempo che mi senta;/ scorra presto,
passi in fretta, la mia vita ormai dismetta. / Ponga fine a inutil viaggio
/tanto, è vero, s’è di passaggio”
venerdì 18 febbraio 2022
CALANDARI D'RA FAMIGLIA BOSINA 2022
Indice
Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5
Calandàri par ur 2022 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7
Harmony di Luca Broggini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19
Dall’io al noi di Mons. Luigi Panighetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20
I giovani sapranno ringraziarci di Davide Galimberti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21
Eredi della tradizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22
Cronache, in sintesi, del 2020 di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 23
ATTUALITA'
Medico volontario vaccinatore, una scelta inevitabile di Pierluigi Turtura . . . . » 32
Tre Valli, cento emozioni di Paolo Costa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36
De Marchi marchia la Tre Valli centenaria di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . » 40
La Madonna del Campo dei Fiori di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 43
ANMIG, nella storia e nel futuro di Fiorenzo Croci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46
Varese: il fascino dei laghi di Ezio Motterle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 50
Il grande cuore di Varese di Gianni Spartà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 56
LA GENTE
Dante Isella, a cento anni dalla nascita di Federico Bianchessi Taccioli . . . . . » 60
Giampaolo Cottini: la meraviglia per conoscere di Luca Cottini . . . . . . . . . . . » 64
Natale Gorini: re, poeta e… monello di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69
Augusto Caravati, il visionario della concretezza di Fausto Bonoldi . . . . . . . . » 73
Varese 1932, novant’anni fa il debutto de “I Bandiera” di Luisa Negri . . . . . . » 78
Un giovane maestro di novant’anni fa: Leopoldo Giampaolo di Laura Aresi . . » 81
LA STORIA E LE STORIE
In punta di sonetto di Giuliano Mangano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 90
Un’opera originale varesina: Il marito alla moda (1810) di Pietro Della Valle con libretto di Luigi Grossi di Bruno Belli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 99
La Giustizia a Varese nel ’600 e nel ’700 di Fernando Cova . . . . . . . . . . . . . . » 157
La Grisa di Massimo Lodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 162
I custodi varesini del tesoro di Mozart di Federico Bianchessi Taccioli . . . . . . » 164
A zonzo per l’Europa di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 172
Una persona alla mano di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 178 I
L TERRITORIO
Nomignoli di periferia (fenomeni varesini - n. 2) di Roberto Fassi . . . . . . . . . . » 180
Ipotesi di Paolo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 185
La curva del Gasato di Pierluigi Tamborini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 188
Toccherò il cielo di Serena Martegani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 194
Il ritorno di San Rocco a Comerio di Federica Lucchini . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 197
La banda cunt i barbisìtt di Giovanna Gervasini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 199
L’idea geniale della Santabarbara di Dedo Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 201
L’ARTE, GLI ARTISTI, I LIBRI
Il sacro di Albino Reggiori al Santo Stefano di Laveno Mombello di Silvano Colombo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 208
Bruno Belli e la dimora dei Toeplitz di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 212
La Linea lombardo-belfortese di Dino Azzalin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 215
Un ricordo di Piero Cicoli di Alberto Palazzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 224
Le montagne di Carlo di Carlo Zanzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 228
UL CANTUN DUL DIALET
Ul cariö e ’l Curonavirus di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 230
Ul primm d’utùbar da tanti ann fa di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 231
La guèra dul Lino - 7/7 di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 234
Ul punt di strìj a san Férmu di Antonio Borgato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 236
Ul “Babbo Natale” di Lidia Munaretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 238
La Gina di Livio Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 240
Rusumada e granel di Gregorio Cerini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 241
LE ATTIVITA' DELLA FAMIGLIA BOSINA 2020-2021
Festa degli Auguri e Calandàri 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 246
Festa du ra Giöbia 2021 e Poeta Bosino 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 249
Il discorso del Re . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 254
Fotomascherine di Carnevale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 259
Festa di San Vittore e Girometta d’Oro 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 261
Le Giromette d’Oro a oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 266
Premio ippico Famiglia Bosina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 268
Castellanze in centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 269
La ricchezza del Calandàri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 271
VERNICE n° 60: rivista di formazione e cultura, Torino 2022, € 20,00
E' uscito il nuovo numero della rivista torinese "Vernice"
Tra i numerosi interventi (la rivista conta circa 110 pagine) interessante è l'intervista a Cesare Viviani, nonché gli interventi di L. Berti sul poeta Nino Pinto; di Carlo Di Lieto sul poeta N. Prebenna che incontra Dante; di C. Toscani che esamina le "tracce dell'inconscio" commentando l'ultima fatica di Di Lieto; Cesare Morali che ricorda Liana De Luca; Aldo Sisto che riflette sul libro di Vito Mancuso a proposito del senso della vita; Giovanni Stella che ci parla del suo rapporto trentennale con Barberi Squarotti e dell'ultimo romanzo di Gros-Pietro "Le farfalle di Paciolo".
mercoledì 9 febbraio 2022
"Maris ast" Nota critica di Annitta Di Mineo
Vena lirica priva di orpelli, senza retorica ma con razionalità Enea Biumi in “Maris ast” dissemina componimenti poetici che accompagnano il rifiuto delle lacerazioni impugnando ragioni di limiti ideologici, di ferite profonde contro la cecità del vero, sprezzature che tendono a far notare un tradimento di tutti gli ideali progressisti. Qui il genere umano e la sua civiltà rischiano il collasso, in tanti si comportano come se nulla fosse, continuare la vita di sempre o voltare le spalle. In una sorta di rimozione collettiva Biumi irrompe per l’urgenza nel vedere una società astenizzata e una comunità oramai anestizzata dinanzi alle paure, alla rabbia, alle ingiustizie, alle violenze, alle guerre. Una piena coscienza della realtà, di accorgersi di quanto questa vita sia autentica. Capacità di isolare momenti rappresentati da vari eventi che si ricollegano al resto della società con comportamenti, dialoghi e discettazioni.
Qual è il messaggio? Non difendere i propri interessi e il proprio status quo, non negare l’evidenza, facciamone una questione morale. Un insegnamento attraverso una poetica di denuncia, non ignoriamo perché l’uomo mediocre divora tutto e toglie il senso ai fatti reali. Non essere fatui, fermarsi per riflettere e analizzare, con un forte richiamo al Verismo fotografa poeticamente lo scollamento della realtà tra le varie classi sociali.
Poesie severe, senza titolo; in “Maris ast” ogni poesia non ha bisogno di un titolo va solamente letta, la chiave di lettura la troverà il lettore. Poesie dense e talvolta brevi permettono di vedere un’altra verità. Una poetica riflessiva come strumento rivelatore, di un indagatore impegnato a osservare e a indagare la vita. Rievoca l’ambiente in cui viviamo, ricordi e momenti in agrodolce riaffiorano, un diario interiore che registra la crescita e lo sviluppo sociale, una mappatura di emozioni, una amigdala tra la gestione di forti sensazioni e le indignazioni che prevalgono sull’amarezza.
La finezza poetica supporta l’efficacia del messaggio. Intense e straziante sono le liriche, si palesa immediatamente un interscambio di riflessioni tra poeta e lettore; si mescolano, agiscono una sull’altra per un rispecchiamento antropologico e morale. Non è mai tardi per svegliarsi, non sussiste il senso di inadeguatezza nell’affrontare gli accadimenti, non banalizzare le tragedie quotidiane come un errore, all’occorrenza assumersi le responsabilità. In un mondo cieco e sordo avviciniamoci a questo scrigno poetico colmo di umanità, umiltà e coraggio, senza lasciare cadere nel vacuo il contenuto. Il poeta invita a far risuonare in noi il battito del cuore. Le parole vengono distillate in un dolore che scava e al medesimo tempo le eleva alla tremenda bellezza della vita.
Il dramma si intesse con la vita degli altri, noi non siamo altro, noi non siamo estranei.
Parla di noi, ci racconta di noi stessi, fa memoria della società contemporanea, una galleria di persone, di personaggi, di eventi storici o di cronaca con un ritmo che intreccia l’immagine evocata in una poetica fortemente realista.
Genuina, sentita e accorata è la poesia di Enea Biumi in “Maris ast”.
martedì 1 febbraio 2022
Giovanni Lovisetto “Scavi Urbani” (Transeuropa Edizioni, 2021)
Un esordio poetico di coinvolgente tessitura e specifica
maturità. Attraverso un sentire partecipe espresso in versi che contemplano, in
una asimmetria votata alla variazione, il rivisitare interpretativo
dell’episodio dicibile nella sua empatica ragione. “Scavi Urbani” è l’opera
prima di Giovanni Lovisetto che si sviluppa dagli ambienti toscani dell’origine
alla New York acquisita nella sua potenzialità includente. L’interiorità scava
il sentiero più intimo della confessione sensuale e premia l’attesa della
finitura linguistica nella peculiarità della disciplina semantica. Comunque,
prima della specifica attenzione, è il lasciarsi andare all’onda di un
desiderio abilitante la facoltà di nominare. E’ l’attesa del ritorno, nella
danza degli incontri che affluiscono alla coscienza del fatto; allora “ti
chiederai se è vera la condanna/ mentre l’assoluzione ancora tarda/ e speri sia
l’ultima corolla/ che si apre/ a maggio inoltrato nel roseto”. Ricerca di una
voce consapevole degli echi, paesaggi sfumati, coincidenze e intermittenze,
timori partecipati nei dettagli serali; l’intenzione di Lovisetto naviga tra i
colori delle varianti, nelle affettività segnate dall’alternarsi del perdersi e
ritrovarsi a quel punto forse mutati, come ricreati in una limpidezza assorta.
“Era luglio, ma poteva/ essere per sempre,/ sabbia tra le dita/ che non
scivola”; clausure finiscono e attese bruciano, nella composta evidenza di un
assalto che impedisce la resa, converge in una paziente volontà di discernere i
moti sotterranei e palpabili, le levigatezze che estendono la peculiarità di
una flagranza concessa. Variazioni in tonalità discorsive accompagnano il
dicibile delle voci ritraibili dalle modulazioni dei respiri. L’osservazione,
sembra dire l’autore, comunicherà “se noi sapremo (lo dicono/ i tuoi occhi e i
palmi)/ rivendicarci sempre un po’ di spazio,/ accorciando chilometri”; quasi
il gesto a cui ricorrere per acquisire la consapevolezza di piacere, nella
agibilità dell’incontro. Ci sono poi poesie in cui lo sguardo si apre sullo
scenario americano e nelle quali si distingue la ricezione degli enti
tangibili, propriamente corrisposti in correlativi matericamente identificati,
quando “cambia il suo volto in ponte/ grattacielo parco insegna al neon/ statua
megastore o truck/ di cucina greca su Amsterdam Ave”. Le luci e le foglie, la
pioggia e le strade, le fermate della metro, gli angoli e i corpi esprimono
l’acutezza del sentire, l’epidermica passione nuda, l’epifania perturbante dei
tratti amati, la predominanza delle attese e dei rimandi, l’esprimibile
vicissitudine del passo nomade. Siamo, con la poesia di Giovanni Lovisetto,
forse “in cerca di una dose di cielo,/ di venature celesti inclini al viola”.
Andrea
Rompianesi
mercoledì 26 gennaio 2022
Umberto Belardinelli, Stella del Mare, ed. Scriptores, Varese, youcanprint, 2021, € 12,00
La stella è il faro che nella notte conduce il viaggiatore.
E se si tratta di un navigante gli
indica pure il percorso. Sia in terra che in mare la stella è di per sé guida
sicura. Ma nella raccolta di Belardinelli è qualcosa di più. Il poeta trascende
il dato immediato, la materialità che comunque, bene o male, ci appartiene ed
appartiene alle cose (mare e stella sono elementi palpabili, se non con le
mani, almeno con gli occhi). Eppure non ci si può fermare a questa visione
materica. Belardinelli suggerisce ben altro. Allora, come in ogni poesia, ecco
che il significante traduce e rivela il significato. E non si tratta solo di
simbologia. Perché il simbolo assurge a
motivante rivelatore di un pensiero filosofico e teologico che ci induce a
varie riflessioni.
Si può credere in Dio o non credere. Ma non è questo
il punto. Il discrimine fra bene e male appartiene a tutti: atei o credenti. Ed
è ciò che più è visibile in questa raccolta poetica dai tratti e dai risvolti
di una grande fede, risvegliata e vivificata dall’incontro con la vita di Santa
Faustina Kowalska, cui il poeta per motivi personali, è assai devoto. Lo sta a
dimostrare la lirica “Le due strade” che invita a non facili e semplicistiche
soluzioni. Anzi. La via più tortuosa è quella che alla fine ti fa raggiungere
la felicità. Proprio perché è tormentata da pruni, da sassi, da sentieri irti
che segnano lacrime e dolore, solo qui s’incontra l’anelata gioia, dimenticando
perfino ogni sofferenza. Così come sta scritto nel Vangelo “larga è la via che
conduce alla perdizione (….) mentre angusta è quella che porta alla vita” (Mt.
7; 13-14). L’imput decifrabile è appunto questa grande religiosità che si fa
vita concreta, come concreto è il dolore o la gioia. Il tutto inserito in versi
davvero ricchi sia di immagini che di sonorità (l’endecasillabo è il rimando
più frequente, così come numerose sono le allitterazioni e alcune rime per
nulla scontate o banali). Sembra quasi di immergersi in una partitura musicale
che accompagna l’impegno costante di meditazione attiva e partecipata
attraverso l’uso di un ampio respiro fonetico. Le parole acquistano colore e
vivacità. Le immagini si moltiplicano anche là dove entrano in gioco realtà
metafisiche come gli angeli e denotano una affabulazione mistica ed allo stesso
tempo elegiaca che accende l’osservazione critica e ne sviluppa i contorni
plurimi e ascetici. Anche la struttura poematica delle liriche aiuta il discorso
filosofico teologale costituendo un affresco in cui la parola diventa verità
pedagogica ed insegnamento costante.
Il rimando, rivelato dallo stesso Belardinelli, è il
Diario di Santa Faustina le cui citazioni costituiscono non solo un metodo di
comprensione ma anche parte integrante e illuminante della silloge. Il poeta ha
attraversato le illuminazioni della santa, le ha fatte proprie e le ha tradotte
in versi. E se da una parte le riflessioni risultano ampiamente e volutamente
teologiche, dall’altra Belardinelli non rifiuta l’incontro-scontro con la
realtà. Il piano religioso acquista dunque valore proprio per questo confronto,
a volte pure aspro, ma necessario. Perché, in fondo, non si può dimenticare l’umanità
con tutti i suoi difetti ed imperfezioni, con le sue assenze e le sue presenze
bugiarde, con i suoi slanci generosi e i suoi tradimenti quotidiani. In tale
duplice veste (da una parte l’uomo, dall’altra l’angelo) diviene reale anche l’irreale,
santo anche il peccatore, universale anche il particolare, e dove su tutto, in
maniera costante e silenziosa, veglia e regna la Misericordia.
Enea Biumi
L'ANIMA nella Poesia di Prospero Cascini fotografata attraverso la PROPRIA, a cura di Salvatore Monetti
La poesia, in molte delle sue forme, è molto più di un semplice esercizio linguistico o di un passatempo estetico. Essa è da meditazione. ...
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I cugini Prospero e Valerio Cascini, nati a Castelsaraceno (PZ) nel 1951 hanno frequentato la primina e le scuole elementari insieme, poi Va...
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