domenica 16 gennaio 2022

Francesco Dario Rossi ci racconta di Liala e del suo linguaggio non verbale


 

La piazzetta che Varese ha dedicato a Liala

I romanzi di Liala, anche se hanno avuto un eccezionale successo di pubblico e lettori (oltre dieci milioni di copie vendute solo in Italia), sono sempre stati snobbati dalla critica ufficiale, come appartenenti al solo genere rosa, rivolto ad un pubblico solo femminile e non meritevoli di studio come espressione di vera letteratura. Ritengo che ben pochi uomini li abbiano letti, ma li hanno guardati sempre dall’alto in basso, e a priori considerati scadenti. 

Soltanto nel 2013, dopo 18 anni dalla morte della scrittrice, si è organizzato un convegno sulla sua produzione letteraria e ne sono stati pubblicati gli atti nel libro Liala, una protagonista dell’editoria rosa.

Un altro pregiudizio che ha escluso i romanzi di Liala da una seria valutazione critica sul loro valore letterario e narratologico è l’averla considerata prima “militarista” poiché i suoi racconti fino al 1945 avevano come protagonisti aviatori e il loro ambiente; poi  aristocratico-conservatrice, poiché le classi sociali dei protagonisti sono quasi sempre altolocate, mentre gli umili (operai, camerieri, giardinieri), sono visti con paternalismo e distacco. Frequenti le ragazze di famiglia umile di cui si innamorano nobili e industriali, spesso sposandole. E’ evidente che la critica letteraria del dopoguerra, fin quasi a fine Novecento, quasi tutta militante e engagée a sinistra, abbia ignorato e snobbato questa scrittrice che, in tempi di neorealismo, descriveva con toni a volte dannunziani sontuosi palazzi e interni e industriali arricchitisi durante la seconda guerra mondiale.

Mia intenzione è esaminare una quindicina di romanzi scritti da Liala, tenendo conto della data in cui sono stati scritti, dal punto di vista della trama e narratologico e dei pregi stilistici.

Per la datazione degli anni in cui sono stati scritti (non di edizione), sono grato alla figlia di Liala, Primavera Ippolita Cambiasi, che nel 2001 mi ha gentilmente inviato una lettera con l’elenco dei romanzi di sua madre, con accanto la data di composizione. E l’elenco è un’ottima fonte, poiché la marchesa Primavera è stata tutta la vita accanto alla madre, come segretaria e collaboratrice.

Primavera, la figlia di Liala

Dal punto di vista stilistico, molto efficace è l’espressione del linguaggio non verbale, di viso, gesti e prossemica, che cala il lettore nell’atmosfera e glielo fa percepire in modo sinestetico, e l’abilità di Liala nel rendere spontanei e realistici i dialoghi. Splendide e pittoriche le descrizioni paesistiche, di albe a tramonti, luci e ombre, azzurri di mare e di cielo.

Acuta e profonda conoscitrice dell’animo umano, femminile e maschile, arricchisce i suoi romanzi con tutta la gamma dei sentimenti, vizi e passioni (invidia, gelosia, simulazione, seduzione, ira, vendetta), non soltanto sentimentalismo e amore, e costruisce caratteri a tutto tondo, con tic, fisime, intercalari tipici, pregi e difetti.

Naturalmente alcuni valori sono ormai sorpassati, ma il suo narrare è sempre fresco e attuale. Lo era sessanta-settanta anni fa per le nostre nonne e bisnonne, lo è per le madri e ragazze di oggi, che sentono il bisogno di sfumature psicologiche, di essere immerse in atmosfere anche datate, ma che le facciano meditare (e anche un po’ sognare) e vadano oltre il tutto e subito, l’essere sempre connessi online e la saturazione/ubriacatura da video e foto condivisi sui social.

IL LINGUAGGIO NON VERBALE DI LIALA

Liala ha un’abilità eccezionale nell’immergere i lettori nelle atmosfere e situazioni descritte. Non parliamo soltanto delle minuziose descrizioni di paesaggi, interni e abbigliamento dei personaggi.


Primavera, Serenella e la nipote Diana con Liala

E' abile soprattutto nell’esprimere il linguaggio non verbale: gesti, posture, atteggiamenti del viso, degli sguardi, e di arricchire quello verbale rimarcando la tonalità e il timbro della voce, per comunicare lo stato d’animo di chi parla e rendere vivi e icastici i dialoghi.

Molti dialoghi sono vere sceneggiature: il lettore vede la scena, vi è immerso e coinvolto. Con verbi opportuni ( sussurrò, bisbigliò, cinguettò, mormorò,  sibilò, sospirò, spifferò, ribatté, balbettò, farfugliò, bofonchiò, singhiozzò, sbottò, sbraitò, tuonò, inveì, esclamò, urlò, ciangottò, ecc) la scrittrice ci fa sentire il tono delle voci e trasmette sentimenti e stati d’animo. L’aggrottare la fronte, l’inarcare le ciglia, il socchiudere le palpebre, lo spalancare gli occhi, lo sbarrarli o strizzarli, lo sbirciare o guardare di traverso, il chinare lo sguardo o il volto, il fissare negli occhi, l’alzare con fierezza il mento, l’arricciare o torcere il naso, lo schiudere o increspare le labbra, l’avvampare o sbiancarsi delle gote ci comunicano emozioni più delle parole e le rendono più vive.

Così il chinare le spalle o alzarle o stringersi in esse, l’ergere il busto, il sobbalzare, il fremere, il tremare, l’irrigidirsi sono soltanto qualche esempio di comunicazione non verbale. Così il linguaggio delle mani e delle dita che si intrecciano, si serrano a pugno, con le nocche che si imbiancano, che supplicano, che accusano, che si aprono o si chiudono e serrano.

La governante Tarsilla

E’ opportuno notare che la natura ha dotato molto di più le donne che gli uomini della capacità di percepire e interpretare il linguaggio degli sguardi e dei gesti, perché possano capire i neonati, che comunicano con il pianto, con strilli e posture. Dato che la platea di chi leggeva e legge i romanzi di Liala era ed è soprattutto femminile, ne comprendiamo il successo anche per queste sue doti espressive e comunicative.

Molto importante in Liala è anche la capacità di esprimere la prossemica, ossia l’accostarsi o allontanarsi dei personaggi tra loro, la posizione nello spazio della scena descritta. Il porsi di lato, di fronte, alle spalle, il porgere o accendere una sigaretta, il modo di tenerla tra le dita, di fumarla  o di spegnere il mozzicone ( quasi tutti i personaggi dei romanzi di Liala fumano) dicono moltissimo al lettore. La scrittrice è molto attenta alla prossemica, come un regista che prepara gli attori e le scene. La grande differenza è che in teatro, nei film o telefilm gli attori trasmettono direttamente agli spettatori linguaggio non verbale e prossemica, mentre lo scrittore deve parlare alla fantasia dei lettori che vedono le scene attraverso le parole lette. Per questo è fondamentale che il linguaggio dello scrittore sia icastico.

Francesco Dario Rossi


Liala nel 1935


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