sabato 22 gennaio 2022

Daniele Benvenuto “Chiari d’aria” (Book Editore, 2021)

 


 

Cattura la luce il taglio, l’osservazione dell’occhio indocile; ben altra la similitudine che accorpa il passaggio arguto, la flessione per ora stabile...”era ineguagliabile, poi, nei toni grigi fino a tornare,/ le ore alla rinfusa, al blu notturno”. Evoluzione in un tracciato del verso che coinvolge e seduce nella stessa maturità del porre. E’ “Chiari d’aria”, titolo del poeta ed artista Daniele Benvenuto. Un verso pensante accoglie gli stimoli provenienti da una natura emissaria di ragioni inesplorate, con difficoltà racchiuse nella compatibile conduzione dei propositi. I dubbi evocano percorribili ristori non immuni dalla forza di un lucore che condivide l’esprimibile asperità del nodo esistenziale con le ombre delle sfumature inerenti le testimonianze condotte all’appello della scrittura. Il corsivo dei “chiari” segni dilata l’inespresso e condona pene ataviche, ragioni che discutono il senso più intimo di una norma; l’agevole cognizione di un dolore ancestrale, di una prossimità inesausta. Si prevedono grovigli, ingenuità, varchi e solfeggi; “lascia che l’idea si eclissi, che sia la corrente continua/ della luce a trafugare la presenza dell’ombra” scrive Benvenuto. E saranno ancora debiti dell’aria, estuari e pulviscoli potentemente rianimati, confronti con un tempo ubiquo, fragori e incendi (e qui non sfugge il magistero di Roberto Sanesi). A strutture poematiche compatte succedono interventi ad architettura di strofe; si alternano scorci che travalicano l’impressione per farsi esegesi duttile, sensitiva e concettuale. Le teorie si decodificano per ritrarre le sospensioni abitate da visioni imminenti, nella priorità stabilita dalla osservazione intangibile e, sullo stesso piano, evidente come “scocca improvvisa”, mappa cromatica trasformata in dicitura fonetica, in turbamento tattile, quando le condizioni dei giorni disegnano codici tenaci. E’ una poesia di forte tessitura linguistica, capace di evolversi nella stessa forma come equilibrio di forze in atto. La domanda partecipe intinge l’acuto senso del quesito nelle territorialità corpose degli elementi, evitando distrazioni proponibili alla mobilità dei confini, delle ricezioni. Non bastano i miti, per altro vaganti, ma il procedere “con piccoli gesti sulla carta” richiede fatica e talenti. Quel tono sapientemente letterario che sa inoltrarsi nei periodi di una versificazione alta, elegante, profonda. Daniele Benvenuto convince nell’esito, delinea contorni materici, conduce ad un solco in cui “lo spietato miraggio è compiuto”.

                                                                 Andrea Rompianesi

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