Il dettaglio è innestato nella rapidità fluida dello sguardo che percepisce, registra, comporta le sezioni e le tonalità evidenti nella compostezza della collocazione in spazi adibiti a scenario. Già il primo testo di questo esito di Alberto Mori, poeta e performer dei non luoghi urbani, “Dettagli Fuori Campo”, la poesia che avvia la prima sezione annuncia una versificazione calibrata nella tenuta delle strofe. Culmina aprendosi un varco, l’espediente pronto a raccogliere il minimo, quotidiano, concreto evento: “Avanzando nel ronzio acuto/ il taglio dell’affettato/ deposto disteso/ a rilascio della pinza/ ricopre il foglio”. Alberto Mori scolpisce la realtà togliendo il prevedibile e rendendo nitido il particolare anche periferico ma svelante. Ci sono accorgimenti graficamente incisi sulla pagina a rivelare le fissità inagibili, le distinzioni dei caratteri affioranti dalle luminosità in evento, con “Intermittenza fioca/ d’arancione diluito”. Il minimo accadimento è conforto contestuale a vocazione d’argine per la difesa occorrente, quando l’episodio rischia d’indicare l’eclissi ontologica. La risposta di Mori è contingente, materica, ostinata nella iterazione dei referenti; comporta l’azione dicibile, la risposta provvisoria ma tangibile. Poi, però, qualcosa insinua il dilemma e il segreto; “Nel buio nascente/ appaiono due pianeti/ allineati in segmento cosmico”... dove l’evanescenza tace e allora si dispone una progettualità onerosa, una configurazione evoluta dalla prossimità estensiva, come “Quello che era stato/ oppure poteva essere// Spazio esteso/ Pianura percepita”. E fuori campo continuano a scandirsi i passaggi alle attenzioni, nella seconda sezione del libro, dove gli anfratti tenui sono opposti ritagli alla condensazione condotta oltre i sintagmi diffusi, operanti nel solco del commento fulmineo, intonato sulla prospettiva di un cenno suggestivo all’evento reso tale, composto nel fotogramma: “Corpo per aria sola/ Respiro risacca mare”. Molti gli elementi e i temi della poetica di Mori che qui ritornano e rimarcano la centralità del passaggio o, meglio, della successiva sosta concentrata nella ricezione sensoriale capace di trasmettere sussulti episodici. Le tensioni vitali rimarcano l’ossessiva presenza delle cose che ritornano, della fisicità acquietata nella posizione inerente a ciò che appare. L’apertura indugia su prospettive ritratte ed estrapolate al fine di una evidenziazione concentrata sul dato colto e individuato come inquadratura: “Tempo limite d’orizzonte/ La ripresa in campo lunghissimo/ avanza nel presagio della prima pioggia”.Richiesta che Alberto Mori pone al reale di un contesto colmo di effetti stimolanti energie che il poeta trasforma in indizi linguistici capaci di far emergere la parola esatta; qualcosa allora si rifletterà nell’oltre che si origina dalla calibratura attenta del verso breve.
Andrea Rompianesi