Scrittura Nomade - Viaggio polidiomatico di Arte e Cultura - Variazioni sul tema scrittura
mercoledì 22 maggio 2024
“L’UNICITA’ DELLA LUCANIA” AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO.
lunedì 20 maggio 2024
Enea Biumi "Visighéri da vùus - Confusioni di voci", Genesi Editrice, Torino, 2024
martedì 14 maggio 2024
Gianfranco Lauretano “Questo spentoevo” (Graphe.it Edizioni, 2024)
“Sono partiti
tutti./ Hanno spento la luce,/ chiuso la porta, e tutti/ (tutti) se ne sono
andati/ uno dopo l’altro”. Sono versi di Giorgio Caproni, autore di riferimento
nell’opera “Questo spentoevo”, titolo caratterizzato da un efficace neologismo
di Gianfranco Lauretano. Il dialogo con i maestri detiene la possibilità
feconda, giustamente incisa in controcanto, di accordare tematiche e sviluppi,
fonetiche e ritmi ad una rielaborazione condensata nella scommessa
sull’attuabile osservazione dei passi contemporanei; in una riflessione che
vede l’autore indicare la nostra comune epoca come innegabilmente spenta e
depressa. Lauretano analizza con versi innescati dalla pratica del dicibile
l’occasione rilevata nel quotidiano muoversi, nella partecipata attenzione:
“tra le membra e l’anima/ la carne si fa pensieri/ parole, opere e omissioni/ e
tribunali e colpe/ e poche assoluzioni”. Secchi rimandi di assonanze e rime
intendono asserire propositi dichiarativi, in pratiche di amara ironia,
quest’ultima specificamente indirizzata, ad esempio, alla critica nei confronti
dei media, alla loro natura strumentale e manipolatrice. C’è un bisogno intimo
di alternative, nella poetica dell’autore, di quel senso di sacralità
viandante, nomade, però percepibile nella prossimità: “tante volte nel giorno
devastato/ avanzavo per strade polverose/ e inabitate, ma quando comparivi/
cercavo di toccare il tuo mantello”, in un riferimento evangelico. L’insidia è
nel subire la forza e l’energia contenute nella bellezza che diviene una prospettiva
spesso inagibile, sfuggente o illusoria, tale da farci sperimentare i
fallimenti, quell’amare solo le rose che non colsi, citando Guido Gozzano,
altro poeta di preciso orientamento per l’autore. In “Questo spentoevo” si
percepiscono anche filigrane naturali che portano a vibrare segnali non
dichiarati di quella terra di Romagna che ha nutrito, fra i molti, poeti come Ferruccio Benzoni e Stefano
Simoncelli. Sembra allora che il giallo luminoso e settembrino di Lauretano si
vada quasi a confrontare con il diverso giallo asfissiante dei crisantemi di
Benzoni. L’intimità poi si aggrada sulle note di una rapidità lessicale
intonata al battito sonoro verso l’accostarsi alle cose, agli oggetti,
trattenuti in una corresponsabilità attuata e vigile, tale da farci comprendere
come la parola poetica coinvolga gli elementi più profondi del sentire, una
pratica stilistica rivelatrice e, nello stesso tempo, capace di procedere verso
un dato sempre ulteriore. Approccio devoluto in sensibilità ricettive e propriamente
selettive in linea con il temperamento fruibile dei versi, della loro proposta
estesa alla decifrazione di un contesto sensibilmente visivo, come ritratto
invernale: “La città azzera la sua storia/ lottiamo con la lastra livida/ dei
selciati, interni ed esterni/ si rifiutano a vicenda, dopo due/ minuti la
bellezza s’è ibernata”. Ecco, la poesia di Gianfranco Lauretano qui lotta con i
tempismi contingenti per trasformarli nella danza espressa dal suono delle
parole perché, comunque, è bene rendersi conto che, nonostante tutto, “dietro
le nubi persiste un sole/ ma ama andarsene e tornare/ seminare la storia
un’altra volta”.
Andrea Rompianesi
lunedì 13 maggio 2024
PRESENTATO AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO,PRESSO LO STAND DELLA REGIONE BASILICATA, LA SILLOGE “L’UNICITA’ DELLA LUCANIA:un approccio fotografico e poetico” di P. e V. CASCINI
Come previsto dal calendario degli incontri diffuso dalla REGIONE BASILICATA, e come ricordato anche dall’agenzia nazionale di stampa 9COLONNE,il 10 maggio alle ore 13,30 è stato presentato il libro L’UNICITA’ DELLA LUCANIA: un approccio fotografico e poetico di PROSPERO E VALERIO CASCINI presso lo stand della BASILICATA. I lavori sono stati coordinati dalla giornalista MARIA BRIGIDA LANGELLOTTI, capo dell’ufficio stampa del consiglio regionale di Basilicata, che ha ripercorso la” storia della silloge “che ,ormai, con la sua diffusione, con il coinvolgimento della SCUOLA, dei SINDACI e dell’associazioni dei LUCANI in ITALIA e ALL’ESTERO è riuscita a ricordare a tutti come, ormai, la VITA IMMAGINARIA, tema del SALONE, tocca anche la BASILICATA. La COMUNITA’ LUCANA, attraverso pubblicazioni, lo studio e il” SUO STARCI DENTRO” e il suo elevarsi dalla lucanità in formazione, dalla lucanità degli affetti e di quelli levigati e universali si e ‘ spinta -la comunità lucana - alla ricerca delle proprie radici, del proprio radicamento, del sogno e del mistero e quindi dello SVELAMENTO, che avviene attraverso la fotografia, la poesia, la pittura e perché no! il teatro. Le poesie A STA TERRA letta dall’autore VALERIO CASCINI e il PAESE,IL MIO PAESE, letta da ROSA CASCINI, esprimono tali sentimenti così teneri, così leggeri, talvolta fatui ma sicuramenti RADICATI NELLA PROPRIA TERRA. Tutti gli interventi degli autori, dell’editore, e del PITTORE piemontese BERGAMI, che ha trasformato in opere d’arte tante poesie della silloge, si sono soffermati sullo svelamento di taluni aspetti della LUCANITA’ proprio attraverso questa silloge con le poesie :LA PRIMINA- prima comune esperienza SCOLASTICA degli autori- ,ABSO,COMPAGNO DI CLASSE,LAGONEGRO…NOSTRA CITTA’ STUDI,LA LUCANITA’ SERAFICA,BIFANA PIRMITIVA..Nel concludere i lavori, la dottoressa LANGELLOTTI, ringraziava i presenti e gli intervenuti, ringraziava, altresì, il presidente CICALA perché aveva espresso, nella prefazione al testo, lusinghiere valutazioni assicurando, altresì, il patrocinio all’opera e il contributo per la pubblicazione. Dichiarava- la giornalista- anche la sua disponibilità a programmare altre Presentazioni del Testo che mettano ancora più in evidenza il coinvolgimento delle attività musicali ( due poesie sono stati musicate dal maestro DAMMIANO) e delle attività pittoriche ( come si diceva prima il maestro Bergamini ha trasferito su tela il senso di tante poesie).
sabato 11 maggio 2024
Enea Biumi “Visighéri da vùus – Confusioni di voci” (Genesi Editrice, 2024)
Andrea Rompianesi
domenica 5 maggio 2024
Tommaso Giartosio “Autobiogrammatica” (Edizioni Minimum Fax, 2024)
Andrea Rompianesi
venerdì 3 maggio 2024
Enea Biumi, Visighéri da vùus (Confusioni di voci), Genesi Editrice, Torino, 2024
Dalla Prefazione di "Visighéri da vùus" (Confusione di voci) di Sandro Gros-Pietro
Forse, potrebbe essere rivelativo risalire a Charles Bukowski e alla sua sempre citata formula essenziale da seguire non solo per fare poesia, ma anche per capire qualsiasi significato rivelatore della vita e dei suoi enigmi, “La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità”. Tuttavia, è anche vero che la semplicità è complessa, e non è una contraddizione, ma è un ossimoro, nel senso che non si può avere una semplicità senza avere la totalità, perché la semplicità parziale sarebbe un tromp l’oeil, sarebbe una sorta di inganno da madonnaro, cioè una falsificazione. Il semplice deve anche essere tuttoquelchecè. Per capire la semplicità delle cose, bisogna avere il coraggio di affrontare la confusione. Bisogna tuffarsi dentro, come il delfino nel vasto mare: nuotare con gioia nell’elemento che totalmente ci possiede.
La confusione delle voci è da sempre considerata come La Voce per antonomasia, perché già per i latini valeva il proverbio vox populi, vox dei. La confusione delle voci è per definizione il concetto popolare di tuttoquelchecè, che già diviene una contaminazione escatologica con l’idea semplice, quasi alla mano, dell’universalità. Visighéri da vùus è l’espressione in dialetto varesotto in tutto corrispondente a vucciria in dialetto palermitano, cioè la confusione, che poi altro non è che uno dei due più importanti mercati della capitale siciliana, insieme a Ballarò. Sono mercati piazzati in strade cittadine del centro storico, strette e contorte quasi come vicoli, dove si avanza in uno struscio continuativo, tra bancarelle, rivenditori urlanti, richiami di madri, pianti di figli, risate e schiamazzi, osservazioni petulanti o spiritose, motorette spernacchianti, carrettini ingombranti, tutt’intorno a una pandemia mercatistica composta da tuttoquelchecè, cioè una confusione incredibile di articoli da mangiare per pranzo, per cena, per il passeggio in strada, insieme a materiali del vivere quotidiano, per la casa, per i viaggi, per il diporto, che rappresentano la cosa più semplice di questo mondo, perché ogni roba si capisce al volo, intuitivamente: la grande confusione parla senza inganni e in totale semplicità.
L’operazione letteraria di Enea Biumi rappresenta per lo meno una Trimurti di valori, perché tocca le tre grandi aree della cultura. In primo luogo, il linguaggio, nelle sue due splendide versioni proponibili da un bravo poeta italiano: cioè, il dialetto e la lingua nazionale. Va detto che ogni regione italiana possiede questa doppia profondità di visione interpretativa e descrittiva della realtà: la visione dialettale, tutta basata sull’intelligenza emotiva, musicale e spaziale, e la visione letteraria, elaborata, invece, nella dimensione intellettiva logica e matematica, come è illustrato da Howard Gardner e dai suoi seguaci in psicologia, che oggi vanno per la maggiore. Precisamente, Enea Biumi mette a confronto le due versioni poetiche. Se vogliamo essere pignoli, non si tratta di traduzioni, ma appunto di versioni, cioè due modi e due mondi diversi di espressione poetica, perché il dialetto punta tutto sull’emotività, sulla musicalità e sulla spazialità dell’espressione, mentre la lingua nazionale punta tutto sulla ricostruzione astratta e logica dell’espressione verbale, in modo scientifico e matematico.
In secondo luogo, l’altra divinità della Trimurti rappresentata da Biumi è il senso del tempo, questo Dio umano troppo umano, congegnato nelle famose Tre Età, dipinte dai maggiori pittori del Rinascimento e del Barocco, ma anche dopo, fino ad arrivare a tutto il Novecento, tanto per citare Gustav Klimt e i suoi contemporanei e per arrivare fino a Botero. Muovendosi tra Est ed Ovest: il Tempo è l’enigma più affascinante rappresentativo della vita e della morte che è stato totalmente inventato dall’uomo, ma che non esiste nel progetto creativo dell’universo, quest’ultimo è misurabile solo per spazio e per energia, ma non certo per il tempo, a meno che si voglia concepire l’eternità come una grandezza umanamente definibile. Invece, ecco che ogni dimensione umana, descritta o, meglio, interpretata da Biumi passa attraverso lo scorrere delle stagioni di Vivaldi – quest’ultimo anche apertamente occhieggiato nei versi del Poeta – l’adolescenza, la gioventù e l’anzianità sempre si riconoscono negli intrecci poetici bene calibrati e fanno capolino nelle vicende umane.
In terzo luogo, l’ultima divinità della Trimurti culturale è l’erranza, consistente sia nel compiere l’itinerario odisseico sia anche nel commettere l’errore, lo sviamento, la dispersione e la perdita. Biumi ha in sé qualcosa di Georges Moustaki. C’è in lui un concetto di meticciato, qualche elemento dello straniero, che si abbevera ad ogni fonte, ma lo fa con molta eleganza, perché cita il Capitano d’Alto Mare Pierre Loti, divenuto accademico di Francia per i suoi romanzi d’avventura. Idealmente, il Poeta sale a bordo dell’Orient Express, in felice intesa letteraria con Agatha Christie e compie il viaggio con destinazione Istanbul, per poi proiettarsi al di fuori della citazione resa in omaggio alla regina del racconto in giallo, ovviamente di illustrissima fattura, e continuare l’avventura all’interno di un’esperienza autobiografica fino nell’isola per metà greca e per meta turca di Cipro, nell’unica città al mondo, Nicosia, ancora divisa in due stati contrapposti che si osservano in cagnesco, come un tempo fu di Berlino Est ed Ovest. Il segno dei tempi e delle ostilità guerresche, che costituiscono la pazzia del primo quarto del nuovo secolo, aggalla apertamente nei testi poetici, che divengono anche una documentazione storica.
Visigéhri da vùus è un’opera della maturità più splendente di ingegno e di cultura di Enea Biumi, che mette a segno una poesia composta con le intelligenze multiple esplorate da Howard Gardner, in un ponte d’arcobaleno che sottende le aree della documentazione storica, dell’interpretazione emotiva e della descrizione spaziale, nella duplice dimensione di una parola che si osserva allo specchio, nella sua dimensione popolare e in quella del rigore letterario, esempio di una complessità ideativa, che non è mai complicanza, ma, al contrario, è il valore coeso della semplicità.
L'ANIMA nella Poesia di Prospero Cascini fotografata attraverso la PROPRIA, a cura di Salvatore Monetti
La poesia, in molte delle sue forme, è molto più di un semplice esercizio linguistico o di un passatempo estetico. Essa è da meditazione. ...
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A POTENZA, presso il liceo musicale, il 30 Aprile la SILLOGE nel presentarsi ha aggiunto alla POESIA e alla Fotografia tanta MUSICA: DUO F...