giovedì 16 maggio 2019

Emilio Rentocchini “44 Ottave” (Book Editore, 2019)


 

 



Un pigro pomeriggio della primavera 1988. La rilettura frenetica dell’Orlando Furioso conquista definitivamente Emilio Rentocchini all’uso dell’ottava. L’endecasillabo ariostesco cattura attenzione e passione verso una forma metrica che conferma poi l’uso del vernacolo sassolese quale rifugio atemporale e mitico. Una riprova è “44 Ottave”, proposto nella collana curata da Nina Nasilli. Testo originale, quindi, nella lingua di Sassuolo e corrispondente variante, come detto in passato da Giovanni Giudici, in una più libera forma d’italiano. L’esito è una rigorosa e preziosa tessitura stilistica di magistrale sapore, seducente e fluttuante in una originaria naturalezza orale che abita la struttura corposa di una fonetica echeggiante e ammaliante, espansa nella temporalità suggerente la significatività inalienabile del contrasto indotto dall’istante. Tra le due lingue, fecondazioni e sviluppi imprevisti generano conduzioni di monadi in partitura a segni sfociante nell’ottava doppia. Allitterazioni assorbono echi su approfondimenti dinamici e ribattuti rimandi attraverso suggestioni di viatico costituente implicazioni materiche e significanti sonorità. Si liberano così pensieri che ricalibrano i suggerimenti di una percezione scampata allo smarrimento, ritrovando i punti di contatto con l’essenzialità degli enti che non eludono quell’apparente “nulla inesprimibile” contaminato dal segreto di ungarettiana memoria. Gli abissi della solitudine sanno diventare cenacoli di preghiera e inducono alla percezione più acuta delle delicate premesse che accompagnano l’osservazione e l’ascolto, la minima convergenza della cerniera. I dissidi sembrano placati dalla paziente opera dell’artigiano trasformato in fine dicitore di una profondità essenziale e incisa nella composizione del sensibile. In una società volutamente privata di effettivi valori umanistici, Emilio Rentocchini recupera e ricrea un linguaggio poetico che pone i cardini di una autenticità quasi rivelata ed immediatamente solidificata nel dettato stilistico. E allora il tempo è fuori dal tempo e coniuga una scansione intrecciata alla ricerca; così “an a tor sò na léngua a la deriva” (“anni a raccattare una lingua alla deriva”), come fosse una forma esplicitata di emozione acustica, di veleggiata saggezza.

 

Andrea Rompianesi

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