domenica 24 dicembre 2023

IL PRIMO STUDIO FOTOGRAFICO A VARESE


 Tutti i varesini, o quasi, conoscono i nomi dei più importanti fotografi professionisti di Varese del primo novecento. Cito fra loro i più famosi, quali il Fidanza che ottenne di divenire per La Prealpina illustrata il primo fotoreporter della città; l’Alfredo Morbelli, figlio del famoso pittore ottocentista Angelo, che aveva posto il suo laboratorio nel Convento delle clarisse a Bosto; il Colombo con la sua bottega in via San Martino, già collaboratore del Morbelli; l’Oprandi, già discepolo del Morbelli, che aveva il suo negozio a Biumo e che proseguirà la sua attività negli anni del secondo dopo guerra. Ma non tutti, credo, conoscono Angelo Pizzocri, il primo che ebbe il coraggio e l’intuizione di aprire uno studio fotografico a Varese.  

Angelo proveniva da Sant’Angelo Lodigiano e in verità la sua vera professione era quella del barbiere. In effetti aprì il suo negozio in via Verbano – era il 1880 – con l’insegna principale che diceva: “Parrucchiere e profumiere”, ma accanto a questa attività veniva sottolineato anche che in bottega si effettuavano fotografie e in aggiunta si vendevano pure fucili da caccia. 

Non era rado per quei tempi sommare diverse attività in un unico posto. Il fatto, ad esempio, di saper differenziare nella stessa location diverse attività ha spinto il parrucchiere fotografo a ragionare evidentemente a 360 gradi, nel senso di pensare che “se non vendo la farina, vendo il pane, e se non vendo il pane posso vendere la frutta o altro”. 

Certo è che finalmente anche a Varese si poteva trovare uno studio fotografico dove prenotarsi per foto commemorative o altro, senza dover attendere l’arrivo di qualche ambulante che giungeva settimanalmente a porre la propria attrezzatura in Piazza Porcari per la felicità di chi voleva farsi immortalare. 

Angelo per evitare che le proprie foto venissero sfocate o poco attendibili amava lavorare all’aperto, a ciel sereno e nelle belle giornate. Se il tempo era nuvoloso chi voleva farsi fare il ritratto doveva attendere perché il parrucchiere-fotografo pretendeva che le sue foto fossero perfette nella luce, nei toni, nelle sfumature. Del resto di sfumature se ne intendeva visto che erano la sua specialità come barbiere. Sviluppava in effetti le lastre in un catino che a seconda dei casi faceva d’uopo al suo lavoro. 

Ma il suo mestiere di fotografo non si limitava solo ai ritratti. Infatti si possono ammirare sue fotografie che riprendono avvenimenti, luoghi, personaggi. 

Una foto fra le più famose è quella che ritrae “un treno elettrico che fugge alla Stazione Mediterranea di Varese”,(1) inserita sulla Prealpina illustrata del febbraio 1905. Da notare quel “fugge” al posto del più usuale “deraglia”, come se il fotografo (o il commentatore della foto) volesse sdrammatizzare un pericoloso incidente attribuendo al treno una volontà umana: la fuga.  E si guardi pure a quella donna in basso a sinistra della foto che abbozza un sorriso (al fotografo?) forse dimentica della disgrazia che si andava celebrando. 

    
 


Si intuisce da questa straordinaria foto come Angelo Pizzocri non si attenesse solo a ritratti ma spaziasse la sua attività per catturare momenti, luoghi, spazi, curiosità della nostra Varese d’antan. Come si deduce dalle foto che accompagnano questo articolo, l’oggetto delle sue ricerche è alquanto variabile: da una parte uomini donne e bambini dai vestiti che segnano un’epoca (giacche lunghe, bluse sbuffanti, enormi papillon sotto il mento, gonne che toccano terra, cappelli e cappellini) dall’altra biciclette, carrozze, fiori, paesaggi e, come abbiano visto, treni che fuggono. 

Una molteplicità di interessi fotografici, dunque, ma anche una molteplicità di interessi tout-court. Va sottolineato che Angelo non fu solo parrucchiere, profumiere, armaiolo, fotografo, bensì musicista. 

Nella foto allegata lo si vede posare tra i componenti dell’orchestrina Lombardi, una piccola band varesina dell’epoca, in cui suonava il contrabbasso. In basso a sinistra si nota invece suo figlio Vittorio con il mandolino (ai tempi molto in voga a Varese). La foto è stata scattata il 24/25 gennaio 1910. 

Spirito poliedrico, versatile e ironico, come qualsiasi buon artista, Angelo non era capace di oziare. Con le mani in mano si annoiava tremendamente, soprattutto d’inverno. Così decideva di uscire di casa a far due passi. Prendeva il suo cappello e bastone, indossava cappotto, sciarpa, e guanti, e quando la moglie Laura gli chiedeva “Dùe te vétt?” rispondeva ironicamente: “A vó a vidé i camìtt a fümà”. Ma non era semplicemente un vedere, bensì un esplorare la città cercando di carpirne le atmosfere e le peculiarità.

In fondo, pur provenendo da Sant’Angelo Lodigiano, il nostro parrucchiere-fotografo diede in maniera abbastanza determinante un certo imprinting alla Varese del tempo e tra i varesini lui si percepisce ben presente e ben trainante. 

Oltretutto la sua spinta indagatrice e la sua passione per il nuovo andò oltre se stesso passandola in eredità: il suo carattere esplorativo e inventivo arrivò al figlio che tra l’altro progettò vari brevetti, senza però mai registrarli. A quei tempi era più facile cederli ad altri e prendere immediatamente il dovuto. 

Come armaiolo il figlio Vittorio introdusse diverse modifiche, che divennero oggetto di brevetto per la Pietro Beretta in Val Trompia. Negli anni a venire l’armeria Pizzocri, trasferitasi in seguito in Via Vittorio Veneto (dove ora sorge il COIN) con il subentro del figlio Vittorio e successivamente del nipote Angelo, divenne il riferimento per molti appassionati sia della caccia che del tiro al piattello, al punto che il negozio veniva affettuosamente chiamato “l’Università della caccia”. Tale passione fu tramandata ai nipoti e al pronipote.

A Varese, dunque, la famiglia Pizzocri era ben inserita e ben conosciuta. Tanto è vero che la moglie dello Speri della Chiesa e lo stesso poeta avevano nei loro confronti, e soprattutto verso sua figlia Anna, una profonda stima ed amicizia. Lo testimonia una dedica (controfirmata dallo stesso poeta) che la moglie di Speri, Alma, scrive su “I nostri buoni villici”. (2) 

L’occasione per scambiare quattro parole amiche tra un the, dei pasticcini o un caffè, era il ritrovo al caffè Bosisio dove spesso le due mogli si incontravano. L’incontro era facilitato dal fatto che Anna Pizzocri gestiva un negozio di moda proprio davanti al Bosisio. Non è dato saperlo con certezza, ma si può supporre che la particolare propensione del poeta varesino verso la fotografia, oltre naturalmente la poesia, fosse dovuta anche alla presenza nella sua vita del parrucchiere-fotografo così ben stimato e apprezzato, e a qualche stimolo fatto forse rocambolescamente scivolare nell’animo di Speri. 

D’altra parte poesia e fotografia vanno spesso a braccetto: l’una complementare all’altra. La poesia infatti non è lontana da quei ritratti, non solo paesaggistici, che Angelo Pizzocri andava componendo tra fine ottocento e inizio novecento, pioniere di quella che diventerà in seguito una vera e propria arte.(3)

Enea Biumi

Note

1) Bruno Belli su FB (Gruppo: La Varese nascosta) ci offre questa testimonianza: “Il primo treno (un convoglio di servizio) giunse a Varese il 9 agosto 1865. L’inaugurazione del primo trasporto per il pubblico fu il 26 settembre dello stesso anno” “L’esercizio della strada ferrata fu affidato alla Società per le «Ferrovie dell'Alta Italia» che si impegnò nella conduzione anche dopo la guerra del 1866. Con la Convenzione del 1885, la linea entrò nella «Rete Mediterranea» e quindi fu amministrata dalla «Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo» (con brevità fu chiamata «la Mediterranea»)”.

2) La dedica così recita: “Alla signora Anna Pizzocri per un ricordo del nostro paese per augurio di felicità nella sua nuova residenza, per ringraziamento e saluto cordiale” (10-8-1922).

3) Le notizie riguardanti Angelo Pizzocri, insieme con le foto che corredano l’articolo, mi sono state date direttamente dall’omonimo pronipote. Altre informazioni le ho dedotte da un articolo apparso in seconda pagina sulla Prealpina del 19 ottobre 1956, senza firma, dal titolo: “Parrucchiere profumiere e armaiolo”, col catenaccio che mette in evidenza la nuova professione “il primo fotografo cittadino” e con l’occhiello che recita “È nuvolo, sa, niente da fare”.




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