Nella storia della letteratura cinese l’epoca della dinastia
Tang (618-907 d.C.) è considerata come il periodo d’oro della poesia, sia per
la ricchezza dei suoi contenuti sia per le forme artistiche e sia per l’ampiezza
degli argomenti trattati. Innumeri infatti sono i poeti. Fra questi spicca il
nome di Li Po (all’anagrafe Li Bai) (701-762), nato nel tempo che si narra come
più fecondo della letteratura orientale. Felice e interessante, dunque, è stata
la scelta di Roberto Mussapi nell’individuare e tradurre alcune sue poesie (ne
scrisse più di 900). Nella postfazione lo stesso Mussapi ci illustra le
motivazioni della sua scelta unita alla spiegazione riguardante le varie
implicazioni che si devono affrontare nel tradurre l’ideogramma cinese. Quello
che rimane al lettore è l’immersione in un mondo lontano nel tempo ma
estremamente vitale, vero, consapevole di un destino che va oltre la
materialità del quotidiano, capace di passioni e rimorsi, nonché di
contemplazioni, di silenzi e di sogni. E il tempo è importante nelle liriche di
Li Po, ne scandisce le emozioni, incornicia il suo andare, esalta i suoi
pensieri. Non per nulla il titolo della silloge ricorre alla similitudine della
clessidra e alla sua specificazione: il “bambù”, che tutti
riconoscono come una pianta dai mille usi e dalle mille qualità.
La mia barca leggera è passata / per diecimila strati di montagne.
"Settanta anatre mandarine color porpora / giocano a coppie nel buio della Corte. Si / abbandonano al piacere giorno e notte, / sognando che duri mille autunni”.
Non per nulla Li Po è stato considerato “il celeste poeta”, colui cioè che, attraverso una capacità creativa eccezionale, riesce a riportare un’atmosfera magica che stupisce e avvolge. I suoi viaggi sono i nostri viaggi, le sue immagini diventano nostre e, pur distanti epoche, civiltà e culture, anche al giorno d’oggi la sua poesia affascina e incanta. Il viaggio è la metafora della vita e diventa per Li Po un’occasione alla ricerca di se stesso, della propria salvazione, attraverso la conoscenza del male e la purificazione nel bene.
Il profumo del vento invita alla danza, / i limpidi flauti accompagnano le melodie.
A Li Po bastava una coppa di vino, sosteneva l’amico Tu Fu, pure lui poeta, per scrivere cento poesie. In effetti anche in questa raccolta il vino la fa da padrone. È come se fosse il suo compagno di viaggio, il suo interlocutore, la sua salvezza.
Ma finché non ci sarà Li Po sulla Terrazza della Notte, / a che razza di gente venderai il tuo vino?
«La vita non è altro che un lungo sogno, / inutile sciuparla con il lavoro e gli affanni.» / Così dicendo restai tutto il giorno ubriaco / disteso nel portico davanti alla porta.
Nelle occasioni di gioia o di dolore come in quelle di indignazione, il vino lo ispirava, lo confortava, lo eccitava. Bisogna dire che versi di eccezionale incisività e bravura sono germogliati proprio da qualche bicchiere di vino, sgorgati come sorgenti d’acqua che disseta. Ma non bisogna farsi ingannare. Il vino, la sbronza, sono solo momenti di una vita che va colta in tutta la sua ampiezza. Ecco allora l’intelligenza nel disporre gli istanti più memorabili, la bravura nel raccogliere le più disparate sfaccettature della natura che sopravvengono in aiuto e che accompagnano sogni e desideri, illusioni e disillusioni, amori e battaglie. L’attenzione a ciò che lo circonda fa di Li Po un poeta di grande curiosità. Si interessa di tutto e di tutti. Offe giudizi su quello che vede e sente. Non ha timore di inimicarsi i potenti. E parla della povera gente come di re e imperatori, di regine, di dignitari di corte e di giovani fanciulle.
La nobile Chao spazzola la sella intarsiata di perle, / monta il suo palafreno e piange, / bagnando le sue guance rosee di lacrime. / Oggi una donna d’alto rango nel palazzo di Han, / domani, in una terra lontana, / sarà una schiava barbara.
