La
nuova fatica di Galante disvela le sue attitudini narrative e le intenzioni
etiche cui sottopone i suoi testi. La sua capacità di raccontare storie viene infatti
in soccorso al desiderio di sottolineare una coscienza critica atta a far
riflettere il lettore su ciò che è bene e ciò che è male. All’interno di questo
messaggio abbiamo la trasposizione iconica dell’attrazione musicale come forma
sublime di arte e soprattutto di ascolto. Che significa trasmissione di valori
concreti in un mondo che spesso dimentica il rispetto dell’altro racchiudendosi
in prospettive meramente egoistiche che allontanano e segregano il diverso.
Nonostante
il titolo che potrebbe far riferimento, ad un primo e superficiale approccio,
ad una fiaba per adulti (Il nobile ricco e il povero nobile), il nucleo
centrale del romanzo si concentra su fatti e personaggi immersi in una realtà
storica, sociale ed economica che si sviluppa al termine della seconda guerra
mondiale. Ed è proprio il conflitto appena concluso che innesca una serie di
interrogativi attorno agli attori del romanzo che appaiono in toto nella
loro scarna, ma motivata, esistenza in cui si intravedono contraddizioni,
ripensamenti, salti nel vuoto, sogni e desideri, nonché soluzioni a volte
felici e a volte incomplete, comunque sempre inerenti al proprio sentire ora
sincero, ora menzognero.
La
vicenda si colloca nella Baviera, ancor oggi locomotiva tedesca se non europea,
ai tempi principalmente agricola e immersa in tradizioni ancestrali che
stratificavano i rapporti sociali in cui le barriere erano ben definite e
immobili. In tale immobilità ecco che si innestano ladrocini culminanti in un
delitto. Ed allora la scrittura di Galante prende le redini dell’investigazione,
si dipana in tanti rivoli indagatori: di fatti e di animi. Così il quadro che
ne scaturisce è una visione a trecentosessanta gradi che incuriosisce il
lettore e lo trascina in luoghi e avvenimenti come fosse seduto in una sala
cinematografica a goderne le varie riprese. E si tratta di pellicole scandite
in un sottofondo musicale che ne accentua il fascino e l’interesse.
Eccone
un esempio.
“L’alba
della fine di maggio fu foriera di tepore d’aria. La rugiada dei campi del sud
della Germania irrorava, certo, ma altresì evaporava rapidamente formando una
nebbiolina leggera. Tra i boschi, le colline e i castelli della Baviera un’aura
di mistero avvolgeva tutto. E man mano che diradava il fumello nebbioso,
splendente appariva la terra tutta avvolta d’un verde imperante. Bella, rigogliosa,
vitale. E dopo le prime luci i raggi lunghi del sole poggiarono anche sulle
guglie della Hellen Landhaus. La sua piccola popolazione cominciava ad essere
operosa, tanto dentro la villa quanto fuori; nei campi, nei fienili e tra i
cavalli. Anche il barone, quindi, e tutti gli altri si prepararono ad
affrontare il nuovo giorno.”
Si
noti, en passant, come, di primo acchito, dopo una descrizione oggettiva
dell’alba, l’aver posto, a metà del capoverso, il predicato (appariva)
prima del soggetto (la terra), dona alla frase un non so che di poetico
che sottolinea l’atmosfera del mattino e scandisce, con un periodo nominale e con
tre aggettivi delucidativi, il clima ed il paesaggio bavarese.
Allo
stesso modo l’aver inserito, non solo nei dialoghi bensì nel racconto, alcune
frasi o vocaboli tedeschi avvicina il lettore ai personaggi del romanzo e aiuta
a convalidare, se ce ne fosse bisogno, l’attenzione di Galante per il
particolare, nonché il suo studio teso a rendere nel miglior modo possibile il
ritratto di un’ambientazione lontana da noi, certo, nel tempo e nei caratteri. Il
tutto, comunque, in quella bilancia straordinaria che sa soppesare e ordinare
il bene e il male, il corretto e lo scorretto, la bellezza e la mediocrità.
Così
la narrazione finale raggiunge lo scopo prefissato. Ed ecco che, come in una sinfonia viene racchiusa nelle battute finali l’intera opera, Galante conclude a coronamento del romanzo
il suo apporto etico nel termine più sublime – ed attuale – che possa esserci:
pace.
“La
Baviera fu culla di questa storia (…) Grazie ai nuovi cambiamenti geopolitici
del dopoguerra, il barone abbracciò parte delle politiche nazionali come, ad
esempio, incoraggiare lavoratori immigrati e volonterosi (soprattutto italiani
e turchi) offrendo loro stipendio onorevole, aiuto per trovare alloggi, aiuti
per la crescita dei figli, per la scolarizzazione e in qualunque cosa fosse
possibile. (…) Rivolse le sue attenzioni anche al mercato estero e conquistò
grandi parti di commercio in tutta Europa, ridonando così fiato alle casse
della bella Hellen Landhaus, all’economia della stupenda Baviera e della
Germania tutta; coltivando tempi di pace”.
Enea Biumi