Non si tratta solo di un giallo noir. O per lo meno.
L’apparente situazione delittuale offre lo spunto ad Aru di presentarci
un’umanità borderline immersa in desideri, appagamenti, afflizioni, recitante a
sua volta un copione di inespressi bisogni, strani appetiti, oggettive
mancanze. “Sulla scia del vento” che dà il titolo al romanzo è l’incontro
empatico che avviene tra due individui: meglio, tra un ego e un alter-ego,
entrambi portati a riflettere sulla condizione del proprio passato. Si innesta,
allora, una serie di considerazioni sulla ineluttabilità dei gesti, sulla
distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, sul dovere, sull’amore
filiale e coniugale: più estesamente sul bene e sul male. Non per nulla,
all’incirca alla metà del romanzo, si legge come una parentesi: una meditazione
che coinvolge in termini teologici la missione di Cristo e la riflessione sul
tempo. “L’idea che mi ero fatto sul
concetto di tempo somigliava molto a ciò che Gesù diceva di se stesso e
predicava agli altri.” Ecco la
parola chiave: il tempo. Su questo il protagonista (o meglio, i protagonisti –
ma non voglio svelarne la trama) si interroga nei momenti di pausa tra
un’azione e l’altra; su questo si concentra il delitto che ammorba gli animi
scaraventandoli in un turbinio di “se”
e di “ma”, tormentandoli in un continuum di chiaro e scuro; su questo
l’io narrante si erge a paladino della verità. Ma qual è la verità? E’ un
anello di grande valore ereditato a cui siamo costretti a rinunciare? E’ il
valore dell’amicizia? E’ la parola data e non concessa? E’ l’ingiustizia che
costringe all’omicidio? E’ l’imbroglio che ti porta a mentire? E’ l’odio del
figlio nei confronti del padre? E’ la situazione emergenziale che ti ha scaraventato
sul lastrico, inibendoti gli affetti famigliari? Tante sono le domande che
possono contornare il tessuto del racconto in cui il lettore si insedia
partecipando e parteggiando ora per questo ora per quello, fino alla
riflessione conclusiva che l’autore pone nell’epilogo, dove un sentimento su
tutto ha la prevalenza: il perdono. Esso infatti è “una gemma preziosa che nasce non dalla ragione ma dal cuore”, “è un
gesto di carità con il quale salviamo
noi stessi dalla disperazione”, è la salvezza che sa “trarre dall’odio una speranza di vita.” Lo sfondo di tutto ciò è
una Cagliari moderna che entra nel gioco psicologico dei protagonisti e che ne
circonda figure e pensieri, adagiandosi nella scrittura di Aru quasi a
raccoglierne agitazioni, pressioni e incubi. La minuziosa descrizione dei
personaggi e dei loro gesti, la capacità espositiva ed analitica dei luoghi e
dei paesaggi, supportano l’intreccio narrativo del romanzo, sostenendone la
trama e il tentativo lodevole di mettere in primo piano sentimenti, psicologia,
eticità: i veri protagonisti di una storia caratterizzata dal delitto e
sottolineata dalla rinuncia al castigo o alla vendetta in nome del perdono.
Enea Biumi
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