In questo esito,
dove l’intelaiatura testuale si esprime in brevi capitoli, passi di una prosa
volutamente calibrata, essenziale, tenuta quasi al rigore della poesia, Michele
Toniolo, autore ed editore, ci affida una testimonianza matura bilanciata su
due poli, due riferimenti acquisiti che si collegano: la radicalità della
lingua madre, il congedo della madre dal figlio. “Gli affetti del giovane
Berg”, titolo evocante atmosfere alla Goethe, afferma la limpidezza del dettato
dicibile capace di ammettere la stessa inevitabilità del mistero. Ma nella
radicalità del nostro essere voce, il segno della scrittura che esalta il ruolo
della seconda persona singolare determina l’ascolto richiesto e il concentrato
intuibile; oltre potremmo assecondare la linearità e l’espressione nel piano
applicato, pensando quasi alla tesi di Hjelmslev che distingue in quella una
forma e una sostanza. L’origine stessa è fermentazione linguistica concessa
alla lotta contro l’assenza, l’inesorabile catena delle perdite, il netto
contorno delle mancanze. “La tua scrittura trattiene ciò che scrivi dai fatti,
dai ricordi. Non diventerà ciò che è stato, non andrà incontro a nessuno...”
scrive Toniolo “Né ti sarà possibile un racconto disteso, un orizzonte nel
quale vagare, ma solo la verticalità, solo lacune e spazi vuoti”. Verticalità e
spazi che sono per lo più caratteri della poesia quando attende l’insidia sulla
pagina bianca. Così come giunge l’occasione salvata dalla traccia del nostro
procedere sulla resistenza delle sillabe. Il figlio, poi, celebra la madre,
l’estremo congedarsi, e qui affiorano note di uno struggente sentire la
relazione specifica in un coinvolgimento che ricorda alcuni timbri pasoliniani,
dove il dato rievocato allude alle origini, ai materici tratti delle memorie,
al contrasto con le stagioni felici. Michele Toniolo applica quindi l’esordio
del dolore dicibile, l’evenienza rarefatta che testimonia la lucidità della solitudine.
“Questi paragrafi brevi sono di un tempo di tosse”, ed ecco che “nell’assenza
hai bisogno di parole di vita eterna”, anche sapendo che la peculiare fattezza
dell’ascrivibile determina quel pensiero nel quale il nuovo inizio è
precisamente il ritorno all’origine. Il principio emotivo ed intimo di una
madre, di una lingua.
Andrea Rompianesi
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