È un testo che profuma di terra e di memoria , un omaggio alla lentezza e alla bellezza essenziale della vita lucana. Con la “lucanità Serafica”, Prospero Cascini costruisce una poesia che unisce contemplazione e appartenenza, in cui la quotidianità si trasforma in paesaggio interiore.
Lucanità serafica
I versi si muovono con
calma come un respiro che segue il ritmo delle stagioni. “Dormirci sopra/ in un anfratto innevato/ tra un cirro
innevato e un bucaneve imbalsamato” apre
la scena con delicatezza mescolando immagini naturali e memoria sensoriale. C’è
un senso di sospensione, di pace domestica, di tempo che non scorre ma si posa.
L’autore dipinge la Lucania non come luogo fisico, ma come condizione
dell’anima dove pendono nelle toppe “le grosse chiavi / dei palazzi antichi”
e il passato convive con il presente, “nelle case riadattate”. Ogni
oggetto, ogni gesto, anche il semplice “attendere/ i chiarori del meriggio”
diventa un atto poetico, una forma di resistenza al caos e al mondo moderno. Il
linguaggio è semplice e nitido, volutamente disadorno, ma intriso di
musicalità. L’uso dei puntini di sospensione, delle pause e delle minuscole
restituisce il tono di chi parla a se stesso e alla propria terra. In questa
voce si riconosce una Serenità Conquistata, un equilibrio che nasce
dall’accettazione del proprio tempo e proprio spazio. Nella chiusa “è il
sogno di ognuno/ che lascia il segno/ sul proprio selciato” la poesia trova
la sua verità più intima: la vita come cammino
silenzioso, come traccia personale e insieme collettiva. La lucanità
serafica è un inno quieto alla dignità dell’essere, un modo per dire che la
vera grandezza sta nel restare fedeli alle proprie radici, con lo sguardo
rivolto alla luce del giorno che verrà. 
G.C. Lisi


