martedì 15 gennaio 2019

Quote di non proletariato




Già in “Versi civili”, silloge pubblicata nel 2003, Andrea Rompianesi aveva privilegiato il rapporto poeta-società. Si estrinsecava allora quella particolare tensione-attenzione nei confronti di un mondo che appariva perennemente in lotta tra l’essere e l’apparire: una realtà che viaggiava in una superficiale ipocrisia e che non voleva vedere, forse perché disturbata, o peggio ancora distratta, la schizofrenia plateale di facili egoismi o edonismi che giocavano partite fine a se stesse. Il poeta richiamava alla nostra memoria fatti e circostanze, uomini e azioni che in una specie di bolgia dantesca ruotavano accavallandosi in metaforiche carole, cercando di insufflare in loro una minima coscienza di giustizia, di onorabilità, di credibilità. Erano quei versi come un’alapa militare che intendeva risvegliare chi al sonno o alla cecità era ancora votato. In “Quote di non proletariato” Andrea Rompaniesi sembra voler ricollegarsi, almeno nel titolo ed in alcuni spazi, a quella sua iniziale raccolta, in una dimensione però che, depauperata del clima di mera denuncia, va oltre il cosiddetto profilo politico per raggiungere ab imis il carattere metafisico della rappresentazione, che, a sua volta, e con sottolineature sorprendenti, si ramifica in impressioni fonetiche tipizzanti la poesia. A conferma di ciò stanno quei versi che richiamano (en passant e quasi per caso, volutamente mimetizzati) gli “Strumenti umani” di Sereni e “La ragazza Carla” di Pagliarani(1): due momenti topici di una poesia “civile” che trascende la storia e si fa simbolo di coscienza ed esistenza. Non c’è chi non vede la particolare attinenza a quei due lavori poetici: l’uno (Sereni)  che nella silloge citata dilata il  verso fin quasi a raggiungere una connotazione prosastica, che coinvolge un non-poetico quotidiano, cui si ricollegheranno successivi poeti come Raboni, Rossi, Majorino, Cesarano; l’altro (Pagliarani) decisamente e volutamente coinvolto nell’avanguardia del Gruppo 63, che trasferisce in Carla Dondi le aspettative di un futuro benessere consegnato alle insegne del lavoro (all’ombra del Duomo) quale laico e moderno pantocratore. Ed è vero, anche, che nella pagina seguente, come fosse una nota, tramite asterisco vengono citati altri due poeti: Olivieri, un ideale continuatore di Sereni, e Fortini, che riscopre esplicitamente un linguaggio poetico “politico” nella sua accezione brechtiana. La citazione iniziale di Pierre-Joseph Proudhon(2)  dà l’abbrivio alla raccolta poetica che si dipana come voce di coscienza per una vita che si distende nel giorno, che arranca nella notte, che lotta per il divenire, che si frantuma in quesiti e si sovrappone a certezze.(3) Il significato sigilla il significante, la materialità si fa rada, quasi surreale,  diventa suono e la fonicità così ottenuta offre spunti di immaginazione ed intuizione che collimano alternandosi in momenti di tangibilità e di astrazione. Rompianesi non è nuovo ad una architettura linguistica siffatta. Ma in questa sua ultima fatica il verso sembra raccogliersi attorno alla possibilità di riflettersi nel tempo, di imporsi nell’oggi e nel domani, al di là dei contratti, delle manovre economiche, nel “diritto-dovere di/rinviare la morte”, perché “il tempo per pensare/accumula le attese conduce/al lavoro intellettuale”. Il  che ontologicamente si traduce nell’esistenza quotidiana della poesia.

Enea Biumi

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(1)(mi sono immerso negli strumenti umani/poesie ed errori di ragazze carle)
(2)   La proprietà è il furto; la proprietà è la libertà
(3)  (…) tre cose soltanto pane/ acqua casa te le darà il sistema

Andrea Rompianesi, Quote di non proletariato, Scrittura Creativa Edizioni, Borgomanero, 2017, € 14,00


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