Scrittura Nomade - Viaggio polidiomatico di Arte e Cultura - Variazioni sul tema scrittura
lunedì 25 febbraio 2019
venerdì 22 febbraio 2019
Alberto Mori “Minimi Vitali” (Fara Editore, 2018)
“Nei vetri ripuliti dallo straccio/ scorrono scenari
sovraimpressi”. Il distico rivela un passaggio, accenna un’eco d’evento, un’attenzione
non passiva in cui siglare l’esito dell’approccio che toglie residui
indesiderati e permette lo scorrimento di un flusso aperto al progetto. E’
“Minimi Vitali”, esito poetico di Alberto Mori, autore, performer e artista da
lungo tempo attivo nella ricerca di una interazione fra i linguaggi; dalla
poesia sonora a quella visiva, dall’installazione al video. Qui la trasparenza
veicola contributi che compongono un insieme di parti sostenute da suoni e
gesti, movimenti (forse mutamenti), ombre e luci, persone. La logica definisce
mereologia quella disciplina che studia il rapporto dell’insieme con le parti,
quando in gioco è il senso dell’identità. Ma qui, l’operare di Mori si
concentra sul singolo fatto che accade; sul come l’accadimento stesso sia
applicazione d’esegesi quotidiana e minima. Sembra che i sintagmi siano frutti
ritmici colti dall’autore in perenne ascolto e osservazione viandante. Ci sono
sedimenti di urbanità (tema fondamentale per Mori che ci riporta ad un suo
testo pubblicato nel 2001, “Urbanità” appunto, evidenziato dalle erranze
segnaletiche) dove le applicabili attenzioni sensoriali divengono testimoni di
un processo che unisce spontaneità e artificio. L’atto umanizza poiché
registra; raccogliendo salva, oltre le inagibili provvisorietà delle
incomprensioni. Il minimo comune determina la traccia riconoscibile e, per lo
più, percorribile “Del gradino e della strada/ Pausa ed affaccio/
Nell’affluenza trafficata/ Trascelta per termine d’attesa”. I gesti poi sono
quelli che concedono geometrie esemplari, riconoscibili referenti geografici:
“Big Ben controcielo/ La tracolla sospende London Bridge”. Alberto Mori disegna
profili che contengono l’essenziale gravità densa di un minimo vitale idoneo ad
“evoluzionare” gli spunti verso figurazioni future colte nel loro momento
aurorale. Dopo, l’imprevisto si farà destino, come ricezione civile e partecipe
“verso notte ancora indetta”, senza escludere l’attenzione ai marginali e il
miracolo delle variabili che disegnano le interpretazioni abilitate a vocare.
martedì 19 febbraio 2019
Da "Leggere:tutti" (gen-feb. 2019)
É l'ultimo avvincente
romanzo di Giuliano Mangano, professore di Lettere presso vari Istituti
Superiori, ma anche poeta, scrittore, regista ed attore varesino, noto con lo
pseudonimo di Enea Biumi. Il suo è un intrigante giallo di fantasia noto per
aver ottenuto il riconoscimento della Dignità di Stampa, con l'unanimità dei
voti della Giuria, all'ultima edizione del concorso "I Murazzi 2018",
indetto dall'Associazione Elogio della Poesia. L'opera nasce da un sapiente
incrocio di ispirazioni che mostra la familiarità dell'autore con i vari colori
della lingua italiana, insieme all'indiscussa capacità di presentarci un mondo
periferico di provincia, pieno di luci, ma soprattutto di ombre. A fare da
sfondo al racconto sono realtà diverse e variegate: dal mondo tradizionale
cattolico, a quello degli inquirenti delle forze di polizia, spazi nei quali si muove un
ceto medio borghese, spesso vittima di raccapriccianti violenze. La vicenda,
ambientata nella provincia lombarda di Varese, si svolge intorno alla sparizione
della ragazza più bella del luogo: Terry, la figlia del sacrestano. Le
indagini, condotte da un maresciallo
siciliano, si indirizzano verso più sospettati: Il fidanzato ex seminarista, il
maestro del coro e l'organista.
Un testo che si presta ad una lettura molto fluida, soprattutto in ragione
dell'attenta e ricercata costruzione dei dialoghi estremamente realistici, dai
quali emerge tutta la passione dello scrittore per le varie inflessioni
dialettali, varesine e non. (Chiara
Campanella)
lunedì 18 febbraio 2019
domenica 17 febbraio 2019
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