giovedì 29 aprile 2021

Gianfranco Galante, La vita pretende dignità, Pietro Macchione Editore, Varese

 


Il leitmotiv che fa da trait d’union ai tre racconti (“Salto di gioia (lettera breve)”, “La vita non dimentica”, “Sopravvivere e rivivere”), rendendone un unicum come fossero un romanzo, è la vita che assurge a protagonista e, filosoficamente, si pone come specimen di questo nuovo e interessante scritto di Galante. Didascalicamente si potrebbe parlare di un saggio accompagnato dagli esempi, là dove l‘exemplum si traduce nella verità e veridicità della narrazione incanalata nell’ottica dell’etica e dello spirito sociale che guarda alla coscienza senza sconti per nessuno. Si avverte una frattura, netta e oserei dire incolmabile, tra la persona che ben agisce e quella invece che male si comporta, adagiandosi nell’alveo egoistico e spesso violento (per non dire omicida) di chi vuole tutto per sé e non concede nulla, ma proprio nulla all’altro, diverso da sé.

Lo si percepisce immediatamente dal primo racconto (“Salto di gioia (lettera breve”) in cui il suicidio finale non è altro che la conseguenza di piccoli e continui soprusi e incomprensioni, vale a dire una morte annunciata. Perché “la vita pretende dignità e quando questa ti venga sottratta, calpestata, umiliata e mai restituita, significa che ti è stato negato il “rispetto e la dignità che la vita merita”. Questo, la vita racconta!”. Allo stesso modo, il secondo episodio (La vita non dimentica”) riporta il caso di un’esistenza vissuta nello squallore più totale, in cui ogni possibilità di redenzione viene sempre meno per ignoranza, mancanza di educazione, bullismo. Il male che Sasà riceve fin da piccolo viene riversato da lui, ormai adulto, su due donne che subiscono violenze d’ogni genere. A sua volta però il male gli si ritorce contro. In fondo “la vita non si dimentica di te e, quando ne abusi, la vita se la riprende.” In “Sopravvivere e rivivere”, infine, sono narrate le tribolazioni di chi desidera dare una svolta alla propria esistenza cercando altrove il bene per sé e per la famiglia. Il dramma è specifico del nostro tempo che vede migliaia e migliaia di uomini e donne abbandonare il proprio paese per un destino meno avverso. Le vicissitudini che Laka, insieme con il neonato Gabriel, deve sopportare sono al di là di ogni possibile immaginazione. Eppure non le viene mai meno la speranza, piuttosto che il desiderio o l’aspirazione di raggiungere lo scopo prefissato, anche perché sul suo cammino (dal Perù all’Italia) la protagonista incontrerà, oltre ai soliti malvagi approfittatori, persone di buon cuore, non ultimo l’industriale che l’aiuterà a ricongiungersi col marito, rimasto lontano da lei per ben sette anni, così che alla fine potrà formare, o meglio riformare, la sua famiglia.

Un inno alla vita, dunque, che non prescinde dalle persone. Anzi. Le mette in primo piano come protagonisti di un mondo e di un modo di essere imprescindibilmente rispettosi: di se stessi e degli altri.

 Enea Biumi

 

 

 

 


1 commento:

  1. Un grazie di cuore 💓 a Enea per l'interessamento e la professionale recensione sul libro. Galante G.

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