Forse davvero l’assenza torna
presenza come negli spiragli delle citazioni; “Capita a volte/ in un agosto come questo/ con il
cielo azzurro/ corpi clandestini...”, forse ancora intaglia la percezione di
una strategia che l’afflato civile denuncia nel ritmo volutamente franto,
spezzato. E’ il segno della condivisione operante lo smottamento linguistico
nell’esito poetico “Conversazioni sull’Orizzonte” di Antonella Doria.
L’epicentro è nel tratto abilitato alla costruzione del verso, nella traccia
che concede lo spazio bianco di pausa all’interno stesso del passo, nella
deriva dell’interpunzione aderente ad una sillabazione materica, nei tratti
d’interposti elementi a segnale d’interscambi fra detriti e corrispettivi
stralci di dolore. E’ diceria di Luna che suona a condono e congedo, a
insenatura talmente scolpita da risiedere in vento, in golfo, dove
l’acquisizione della struttura nominale attende l’intervento dicibile del
taglio a corrente, a flusso instabile, come “silenzio d’una polvere/ oro inquieta frantuma/ pensieri l’ora che dura/ nel passo nel pianto”. Allora la danza è notturna;
Antonella Doria compone le passioni operose, le tramature interroganti, gli
slanci reiterati, attraverso la domanda cosmica a contatto con le arditezze del
coraggio. Di nuovo l’iterazione si fa paziente e sapiente riverbero ritmico in
contrazione di verso, in ritmo infranto sulla soglia di una dicitura esatta,
compiuta e nello stesso tempo aurorale. Nel prima di tutto o nel dopo tutto le
trabeazioni linguistiche accennano ad una compostezza raggiunta nell’equilibrio
dei tempi, nell’esegesi dei rimandi, degli omaggi ai tanti autori, agli artisti
che hanno sperimentato esili e travagli. E il corpo a corpo è intimo,
intagliato nelle protuberanze formose della condizione terrena, nel viatico
accenno alla esclusione, alle soffocate dimensioni del bisogno, della
persecuzione. Il ritrovarsi è specchio di un umanesimo desto, percosso ma
reattivo, episodico trauma adibito a scenario dove quella vita intestina
rimuove filtri e ancoraggi, giungendo alla fonte del mito, alla quotidianità
del passaggio. Comporta attenzioni empatiche il fondersi di parole qualora acuisca
il segno l’evidenza dello slancio al rimando, alla evocazione nel riferirsi, ad
esempio, ai destini di poeti come Mandel’stam e Achmatova, di artisti come van
Gogh. L’osservazione sulla terra natale, costante riferimento dell’autrice,
quello spasimo di Palermo, per citare Vincenzo Consolo, quella “materia
corporea fiumana/ viva inerme (bocche aperte/ al grido) né l’aria nera
stretta/ pure corse oscura di
bocca/ in bocca la freccia la paura”;
così la fiumara, i pendii, le fiamme mugghianti, l’acquachiara, l’appiglio, il
ritmo e il rito. E’ un comprimersi linguistico d’inventiva strutturale ove due
versi concedono quasi la fonetica solida di una sintassi segnaletica
“pinimarittimieplumelie/ eucaliptipalmeoleandri”, nominazioni componibili in
alternarsi di variabili. Anche le volumetrie vogliono evocare la possibilità,
l’opzione di pagine mai scritte che si traduce in rilievi amari: “Destinazioni
d’Uso/ Servizi non conteggiati/ ma
anche...pungoli/ Desideri assilli
persuasi/ Prestiti a fondo perso/
(Indifferenze metropolitane)”. C’è,
nella poesia di Antonella Doria, quasi un desiderio mimetico, una capacità
d’inserirsi nello stesso dettato della composizione linguistica, un rapporto
intimo con le parole, come giustamente ha osservato Giulia Niccolai. Il testo
si dice e ci dice la volontà dell’autrice: “cerco fra
massimi sistemi/ qualcosa
proprio rasoterra/ uno sfogatoio
una turca o/ latrina una udienza pubblica/ una lingua
arcaica forse”. Se poi avevamo avuto come
uno dei massimi esempi della poesia del secondo Novecento un “Paesaggio con
serpente” di Franco Fortini, Doria ci propone ora un “Paesaggio con Figure”,
un’architettura dove la dilatazione utilizza ancora l’interpunzione per
assecondare cadenze nel significante, quando si racconta, quando la
partecipazione emotiva si traduce “Per certi versi... ...meravigliosi/ gigli...
nascono crescono da/ amori carnali
carni impastate”. Antonella Doria imprime allora al verso la direzione
maieutica di una vera dichiarazione di poetica: “Per certi versi...
...pensieri/ nella notte
(zampettine.../ d’albanella pallida alla spiaggia/ al mattino) quasi scrittura serve/ una traiettoria a seminare indizi”. Quegli indizi che
portano alla esatta dimensione del poetare.
Andrea
Rompianesi
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