domenica 20 agosto 2023

Franco Buffoni, Il profilo del Rosa, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2023


 

Il profilo del Rosa è un viaggio nel tempo, un reisebilder a ritroso, in cui l’autore rievoca luoghi e situazioni del suo vissuto, senza però abbandonarsi a sterili ed inutili sentimentalismi. Anzi. I versi non sono altro che un racconto introspettivo della propria esperienza di crescita e di maturità. Nulla di nostalgico. Niente rimpianti. Nessuna lamentela sul passato. Solo un percorso che richiama luoghi frequentati e particolari situazioni.

                                                           E io che vivo da ottant’anni quasi

                                                           È stata vita dico alzando le braccia,

                                                           Sotto di me e sotto la mia barca

                                                           Le trote oscillano guizzano tra i cardi

                                                           Discendono allo scafo azzurro capovolto,

                                                           Verso già capofitto il mio contrario

                                                           A due tre metri.

Premesso ciò, è chiaro che la silloge diventa un’interessante fotografia entro la quale il poeta si riflette e si rivede, bambino, adolescente, adulto attraverso anfratti di paesaggi, dettagli domestici, echi letterari. Di per sé è una panoramica di vita che sancisce le caratteristiche di un esame e che ripropone, in chiave poetica, un mondo che sta a metà tra l’immagine della grandezza della natura – evidente in questo caso la metafora del Rosa – e l’esistenza quotidiana dominata da oggetti che ricorrendosi e rincorrendosi nel tempo assumono connotati differenti.  I versi inziali offrono l’incipit di quello che avverrà poi.

Una radice ha rotto il vaso

Nell’atrio della casa riaperta

La pianta è sempre stata bagnata

Dal vetro rotto dal vento.

Nel ritornare all’antica abitazione il poeta scopre che qualcosa si è rotto (il participio del verbo rompere è presente due volte in soli quattro versi), ma non completamente, perché la pianta è sempre stata bagnata, quindi la vita nonostante le intemperie è potuta proseguire, sia pure con affanno.

Il viaggio, si sa, (reale o fittizio che sia) è un topos letterario (dall’Ulisse di Omero alla strada di Kerouac) e ha l’attrattiva di una crescita e di una presa di coscienza mano a mano che si avanza e in relazione con chi si incontra e con chi ci si confronta.

Nelle religioni misteriche antiche si otteneva salvezza, e quindi consapevolezza, dopo aver percorso le vie più impervie e pericolose cha annullavano la personalità del neofita. Era necessario conoscere il male per poi rinascere nel bene. Ne abbiamo un esempio significativo nella Commedia di Dante, o ancora nella più divertente novella boccaccesca di Andreuccio da Perugia che per capire la realtà deve prima cadere dal chiassetto per poi precipitare nel pozzo e rimanere chiuso in un sepolcro.

Ma dove sta il male in questo profilo del Rosa che apparentemente non ha nulla a che spartire con le cadute e l’annientamento di se stessi prima di una definitiva risurrezione? Bisogna leggere questi versi come un incatenarsi di tanti rimandi, una serie di metonimie o metafore che collegano il luogo al sentimento. Se Montale utilizzava il correlativo oggettivo per spiegare (o meglio per tentare di spiegare) il male di vivere, Buffoni impiega parametri di implicita diairesi.

                                Me ne nutro, ci sguazzo in questa faccia

Ancora da ragazzo che mi vedono, e agglutino

Nel sacco insieme a un cane e a un gallo,

Senza vipera e serpente.

Non ho ucciso niente.

Certo è che il viaggio non è lineare o senza ostacoli. Non lo fu quello di Odisseo né quello di Sal Paradise. Ma non di meno gli ostacoli che si frappongono contribuiscono a sviluppare una presa d’atto: rinsaldano radici, rafforzano la consapevolezza dell’io, l’immagine del sé nei confronti dell’altro.

                                               E comincio a riconoscere stagioni

                                               Dalle vene dei mobili, i rumori

                                               Che fanno assestandosi di notte

                                               La temperatura delle ossa

                                               Questione di coperte e di verande.

Si tratta in sostanza di un Bildungsroman in versi, che si snoda attraverso rivelazioni sapientemente correlate ad avvenimenti quotidiani che diventano ipso facto testimoni del vissuto del poeta. Sembra un incontro con un armonicista in grado di accordare strumenti diversi per intonarli all’unisono in uno spettacolare assolo esemplare.

La sinfonia che ne sorte ha l’andamento simile al poema musicale Eine Alpensifonie di Richard Straus: un inizio quasi in sordina che si avvia poco a poco, e senza che noi ce ne accorgiamo, ad esaltarci con la sua potenza e maestosità. La maestosità delle Alpi, per l’appunto – o del Rosa nel nostro caso – e in generale della natura.

Il desiderio di orchestrare i ricordi diventa allora come un polittico che si apre e si chiude a seconda delle occasioni e che fa intravedere alcune specificità, disvelando chiari e scuri, che racchiudono ricchezze da esplorare o commentare. 

                                               Come un polittico che si apre

                                               E dentro c’è la storia

                                               Ma si apre ogni tanto

                                               Solo nelle occasioni,

                                               Fuori invece è monocromo

                                               Grigio per tutti i giorni,

                                               (…)

            In definitiva il polittico assume il valore della metafora della vita: una sorta di finestra donde guardare avvenimenti e persone, ed esplicitare sentimenti, desideri, angosce, dubbi, storicizzando come in un diario intimo i momenti salienti che ci hanno permesso di crescere e maturare.

                                  

Enea Biumi

 

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