mercoledì 13 marzo 2024

Gianfranco Galante, Ti "racconto" perché, Circolo Scriptores, Varese, 2024

 



Si potrebbe definire lo scritto di questo testo “Ti racconto perché” come un poema d’amore e sull’amore. Infatti, a mezzo tra una serie di racconti, di poesie e di saggio, ci stanno una riflessione importante ed un invito. La riflessione è appunto quella riguardante l’amore in ogni sua forma e dimensione, l’invito riporta il lettore ad un esame di coscienza su di sé e sul mondo che lo circonda.

Ora, i racconti si potrebbero paragonare a degli exempla(1) che supportano considerazioni e valutazioni dell’autore, mentre le poesie traducono in sintesi le più svariate emozioni dovute a storie e accadimenti inerenti l’amore stesso.

Variegate sono le situazioni, ma una sola è la soluzione. Essa si traduce nella consapevolezza che l’uomo è un animale pensante, cosciente, dotato di una propria volontà e di un libero arbitrio che lo distinguono e lo fanno unico al mondo. Per questo ontologicamente si rende necessaria un’educazione all’altro, alla sua comprensione ed accettazione, e per questo basta una parola semplice che tutto racchiuda: amore. E non è la prima volta in cui Galante ci dà lezione, attraverso le sue opere, di moralità, civiltà e buon costume. Attenzione: moralità e non moralismo.

Si tratta allora di un trattato sull’amore? Certamente, ma non in senso filosofico sebbene poetico. Come ebbe a sottolineare Kant in un famoso detto: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.

Alcune riflessioni qui inserite erano già presenti nel De amore di Andrea Cappellano, come ad esempio: Nei piaceri d’amore non sopraffare la volontà dell’amante, oppure Conserva la castità per l’amante, ed anche Nel dare e nel ricevere piaceri d’amore mai deve mancare il senso del pudore. Ma Cappellano fu un autore medievale, con tutti i limiti che noi sappiamo e che non starò a sottolineare.

A tal proposito mi sovviene l’episodio dantesco di Paolo e Francesca, condannati non perché si amano ma per il fatto di essersi lasciati trascinare dall’irrazionalità della passione. Ed è una testimonianza, che l’amore è un elemento principale della condotta umana: da lì parte il tutto. Come lo dimostrano anche le parole di Cristo, o di Agostino d’Ippona che sostenne: “Ama e poi fa’ quello che vuoi”, perché era sicuro che l’amore conducesse solo al bene.

Dante attraverso quell’episodio del V Canto della Commedia condannava i romanzi cosiddetti d’amore che conducevano i lettori ad una pedissequa imitazione dei protagonisti.(2) Oggi non è più così. E non so quanti leggano ancora romanzi rosa, appassionanti e appassionati (lontane sono Liala, Delly, Mura, Guido da Verona, Pittigrilli). Oggi è la stagione degli influencer: questi sì, imitabili ed imitati e forse pericolosi, su alcuni aspetti, come lo fu, secondo l’Alighieri, Chrétien de Troyes con i suoi Lancillotto e Ginevra. Di per sé lo svenimento alla fine del Canto del Poeta dimostra come l’equilibrio amore-passione e razionale-irrazionale sia labile e il loro confine indefinito e indecifrabile, cui nemmeno Dante, soprattutto in età giovanile, poté sottrarsi(3).

Ma esistono purtroppo anche comportamenti inaccettabili tra amanti, meglio tra marito e moglie, ben sottolineati dall’autore e del tutto condivisibili. Non so se Galante abbia visto il film della Cortellesi “C’è ancora domani”, tanto giustamente celebrato. Di sicuro, però, il modo in cui in questo racconto-saggio viene descritto il rapporto uomo-donna è una chiara esaltazione di una unicità di legame paritario, attraverso la gentilezza, la comprensione, la non sopraffazione dell’uno sull’altra.

Nella seconda parte del testo, l’autore si sofferma sulla valorizzazione di altre culture, di altri saperi, di altri costumi. Ecco allora che da una prospettiva del singolo la visione offerta da Galante ci riconduce alla collettività. Un tempo, sostiene, gli emigranti eravamo noi italiani. Oggi noi siamo terra di immigrazione. Per questo dobbiamo saper accettare il diverso da noi.

Dalla “comprensione” empatica verso l’altro al discorso sulla guerra il passo è breve e naturale. La pace in fondo è un problema d’amore.

Così il libro diventa un vade mecum importante se non necessario da sistemare sul proprio comodino e sfogliare prima di addormentarsi, per un confronto con se stessi o per puro piacere intellettuale nella lettura di poesie e racconti come fossero favole o parabole divertenti oltre che esplicative e didascaliche.

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1)      Exemplum: racconto veridico a scopo didattico-religioso tipico della letteratura medievale, in cui il protagonista alla fine raggiunge la salvezza dell’anima. Nel corso dei secoli assunse un aspetto sempre più letterario, sino a confluire nella novella.

2)      “Quando leggemmo il disïato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, // la bocca mi basciò tutto tremante. / Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo avante”.

3)      Si veda a tal proposito “La vita nova” in cui Dante tende a superare l’aspetto dolcestilnovista dell’amore cortese, portando l’amore a più elevata essenza e facendo della donna il tramite per raggiungere Dio.

   

Enea Biumi


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