Il percorso apre una soluzione al tu/madre nella
composizione tipica del poemetto in prosa. Un luogo d’accoglienza intima,
pensato e riproposto attraverso l’attenzione figurativa suscitante
un’aspettativa dialogica. Così inizia “Quinta vez”, opera di Maria Pia
Quintavalla, tra le voci poetiche più interessanti della generazione nata negli
anni Cinquanta del Novecento. C’è un’accensione verbale in stile amplificante
che denota la figurazione spirituale che s’irradia dagli spunti di una
biografia passata e si traduce in considerazioni postume. La tessitura
espansiva incoraggia una prosa determinata e poetica nella cadenza ritmica che
vuole superare l’insidioso ossimoro insito nella stessa formula del poemetto in
prosa. Allungando il passo lessicale nella trasformazione sensitiva dei
vocaboli condensanti l’umore intimo e fertile della gestazione. La paura
riconoscibile e antica può forse arretrare al caleidoscopico affiorare della
musica, di quell’essere armonia di relazioni rivisitate alla luce di un congedo
che si vuole limite valicabile attraverso un vibrare quieto, una gestualità
avviata. La seconda sezione del libro imposta una versificazione asimmetrica
concentrata nella evocazione dei passaggi generazionali; l’identità della
figlia che compone la raffigurata estendibilità del percepire le delicate e,
nello stesso tempo, forti tensioni modulate al femminile, quando poi “al
commento/ che mi chiude in un grido a mezzanotte” risponde la trafittura
colposa, l’intermittenza degli aloni. Il riscatto può coinvolgere storie quali
quella di China, madre fanciulla rinata in Castiglia, come testimone di una
volontarietà capace di amorosa espansione in una condotta di suggestioni
aromatiche e speziate, quali i segni di terre ibride e canti nomadi. Il corso
esorta vicissitudini di ancoraggio storico e mitico allo stesso tempo, in un
travolgere le insidie diramate dagli accenni presunti che comportano la
consistenza terrosa degli spasmi, gli aneliti emozionali condivisi mentre “la
macchina da guerra già suonava/ antiche glorie di tenzoni,/ e di battaglie che
perdute, sfumavano/ la linea di orizzonte di una persa notte”. L’ultima sezione
dell’opera pone sulla pagina la vivacità pensosa di un dialogo teatrale, “le
sorelle”, dove il patire intimo e sofferto dei più viscerali rapporti
famigliari si fa scenario di affondo psicologico, nella volontà di richiamare
l’attenzione verso le complessità spesso indicibili delle trame affettive.
Andrea Rompianesi
Grazie !Ottima lettura, sensibile e accurata, articolata nel suo insieme...Tutta mi è piaciuta !MPia Quintavalla
RispondiEliminaBella lettura. Complimenti
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