martedì 25 giugno 2024

Andrea Rompianesi, Riviere, Puntoacapo Editrice, Pasturana (Al), € 12,00


 

Il poeta Andrea Rompianesi continua, anche in questa sua ultima opera, a scandagliare in una ricerca costante e minuziosa il rapporto esistente tra realtà e metarealtà. Sembra non accontentarsi del hinc et nunc, non gli è sufficiente uno sguardo semplicemente indagatore. Vuole penetrare l’apparenza per comprenderne la sostanza. Come suggerisce nel risvolto di quarta copertina: “l’essenza sta alla potenza come l’esistenza all’atto”, o nella citazione di Novalis che introduce la quarta sezione: “La poesia è il reale, veramente assoluto. Quanto più poetico, tanto più vero.” Le liriche suddivise in quattro sezioni, pur avendo avuto una datazione differente (le prime tre appartengono al 2007, l’ultima è del 2023) hanno un medesimo indirizzo ed una medesima intonazione: la ricerca dell’unicum esistenziale, che si traduce in una indagine materia-spirito delle cose, della natura, degli oggetti riflettenti l’umano nel suo percorso affluente di domande irrisolte. In effetti, le prime tre sezioni, lontane sì circa un ventennio, ma nel concreto riposte in un’atmosfera atemporale, hanno l’appiglio veloce ed istintivo che segnano il desiderio giovanile del sapere, mentre l’ultima parte svolge il compito del riassunto sinottico in un clima di meditativo sentire. Tuttavia, se non ce lo avesse suggerito il poeta stesso, forse non ci saremmo avveduti di questa pur minima differenza, perché alla fine i versi rimangono sempre dettati da pennellate fulminee, a volte accecanti, del tutto intrinseche a ciò che è il fine della poetica di Rompianesi. Ritorna anche in questa silloge quello che avevo chiamato in altre occasioni l’elemento filosofico che intende disvelare attraverso gli oggetti la natura costitutiva della realtà. Lo dimostrano, se ce ne fosse bisogno, le citazioni che appaiono nelle varie sezioni e che non sono messe lì a caso, ma con uno scopo ben preciso: come fossero tante intonazioni per dare il “la” alla sinfonia che sta per iniziare. Così per quanto riguarda la prima sezione l’aver messo in rilievo i versi di Sereni che sottolineano la presenza-assenza delle stagioni, in particolare dell’estate, contribuisce a crea il climax che evidenzia una presa diretta sull’evolversi della natura in rapporto ai manufatti dell’uomo. Risulta allora sincronico il passaggio tra “sedie garitte operose fameliche” e il “connubio su cieli estivi simposi”, dove si intravede un rimando, quasi un colloquio, gestito in termini sintattici nominali, atto a suscitare una visione frammentata della realtà, che nel frammento tuttavia ricerca l’unità. La citazione di Fortini che anticipa il secondo riquadro aggiunge all’elemento stagione l’elemento del mese. Il lettore viene indirizzato a cogliere il senso di ciò che è la caratteristica di questo periodo attraverso inquadrature precise, colte nel momento di maggiore intensità (“insenature o golfi / saliscendi vegetali / anemoni segugi”; “aspro limone acefalo / buccia contorta ibrida / gialla mutata sfida / lucida rotonda danza”). Proseguendo nella lettura la terza sezione ci offre una particolarità stilistica esaltando un differente modello di scrittura poetica. I versi hanno infatti una sola linea orizzontale, quasi a dettarci visivamente l’orizzonte ampio del mare (nonché del tempo) e quindi del nostro stesso esistere in rapporto all’oggi, finito e contingente. I versi sono introdotti da una quartina di Mario Novaro (fratello del più famoso Angiolo Silvio) che affronta, in maniera non certo semplicistica, il libeccio dando in tal modo il via a una serie di immagini che si avvitano attorno a emozioni e sensazioni di una realtà circostante che si avvale di citazioni in metacromotipia restituendo al lettore la visibilità propria della natura (“per aranceti in polpe e scorze morigerate implose o di  palmeti”; “el culto a la vida esorbitante ammanco o dicerie silvestri”). Siamo così giunti all’ultima sezione che, come anticipato, ha la peculiarità di evidenziare il lato riflessivo (meglio filosofico) della poetica di Rompianesi. In un gioco di specchi la maggiore descrittività presente in queste pagine ci racconta che la realtà poetica supera il contingente. L’ontico non può raggiungere, se non in poesia, l’ontologico, cioè l’essenza dell’esistenza. In “Riviere” Andrea Rompianesi ha voluto scalare questa vetta, scavando il più possibile nella realtà per carpirne il nascosto, l’assoluto, l’ulteriore.

 

Enea Biumi

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