La stella è il faro che nella notte conduce il viaggiatore.
E se si tratta di un navigante gli
indica pure il percorso. Sia in terra che in mare la stella è di per sé guida
sicura. Ma nella raccolta di Belardinelli è qualcosa di più. Il poeta trascende
il dato immediato, la materialità che comunque, bene o male, ci appartiene ed
appartiene alle cose (mare e stella sono elementi palpabili, se non con le
mani, almeno con gli occhi). Eppure non ci si può fermare a questa visione
materica. Belardinelli suggerisce ben altro. Allora, come in ogni poesia, ecco
che il significante traduce e rivela il significato. E non si tratta solo di
simbologia. Perché il simbolo assurge a
motivante rivelatore di un pensiero filosofico e teologico che ci induce a
varie riflessioni.
Si può credere in Dio o non credere. Ma non è questo
il punto. Il discrimine fra bene e male appartiene a tutti: atei o credenti. Ed
è ciò che più è visibile in questa raccolta poetica dai tratti e dai risvolti
di una grande fede, risvegliata e vivificata dall’incontro con la vita di Santa
Faustina Kowalska, cui il poeta per motivi personali, è assai devoto. Lo sta a
dimostrare la lirica “Le due strade” che invita a non facili e semplicistiche
soluzioni. Anzi. La via più tortuosa è quella che alla fine ti fa raggiungere
la felicità. Proprio perché è tormentata da pruni, da sassi, da sentieri irti
che segnano lacrime e dolore, solo qui s’incontra l’anelata gioia, dimenticando
perfino ogni sofferenza. Così come sta scritto nel Vangelo “larga è la via che
conduce alla perdizione (….) mentre angusta è quella che porta alla vita” (Mt.
7; 13-14). L’imput decifrabile è appunto questa grande religiosità che si fa
vita concreta, come concreto è il dolore o la gioia. Il tutto inserito in versi
davvero ricchi sia di immagini che di sonorità (l’endecasillabo è il rimando
più frequente, così come numerose sono le allitterazioni e alcune rime per
nulla scontate o banali). Sembra quasi di immergersi in una partitura musicale
che accompagna l’impegno costante di meditazione attiva e partecipata
attraverso l’uso di un ampio respiro fonetico. Le parole acquistano colore e
vivacità. Le immagini si moltiplicano anche là dove entrano in gioco realtà
metafisiche come gli angeli e denotano una affabulazione mistica ed allo stesso
tempo elegiaca che accende l’osservazione critica e ne sviluppa i contorni
plurimi e ascetici. Anche la struttura poematica delle liriche aiuta il discorso
filosofico teologale costituendo un affresco in cui la parola diventa verità
pedagogica ed insegnamento costante.
Il rimando, rivelato dallo stesso Belardinelli, è il
Diario di Santa Faustina le cui citazioni costituiscono non solo un metodo di
comprensione ma anche parte integrante e illuminante della silloge. Il poeta ha
attraversato le illuminazioni della santa, le ha fatte proprie e le ha tradotte
in versi. E se da una parte le riflessioni risultano ampiamente e volutamente
teologiche, dall’altra Belardinelli non rifiuta l’incontro-scontro con la
realtà. Il piano religioso acquista dunque valore proprio per questo confronto,
a volte pure aspro, ma necessario. Perché, in fondo, non si può dimenticare l’umanità
con tutti i suoi difetti ed imperfezioni, con le sue assenze e le sue presenze
bugiarde, con i suoi slanci generosi e i suoi tradimenti quotidiani. In tale
duplice veste (da una parte l’uomo, dall’altra l’angelo) diviene reale anche l’irreale,
santo anche il peccatore, universale anche il particolare, e dove su tutto, in
maniera costante e silenziosa, veglia e regna la Misericordia.
Enea Biumi