“Stella” è il trait
d’union dei dieci racconti della recente pubblicazione di Anna De Pietri.
Ma esiste un altro filo conduttore non tanto nascosto che procede dalle prime
alle ultime pagine. Ed è quello che unisce le storie dei vari personaggi
riproducendo nomi e situazioni che il lettore ha trovato nei racconti
precedenti. In modo tale che ci pare di leggere
un unico romanzo, come se la trama si svolgesse in una specie di spirale in
grado di agganciare un elemento per riposizionarlo altrove. Si è proiettati, in
altre parole, entro una costellazione di avvenimenti tutti legati tra loro, in
primis dalle stelle, in secundis da alcuni personaggi. A ciò va
aggiunto una buona tecnica narrativa, a mio avviso “all’americana” (tanto per
intenderci: Fitzgerald, Hemingway, Kerouac) che derubrica fatti e azioni quasi
sempre borderline e con protagoniste donne, comunque convincentemente
avvolgenti e fotograficamente inquadrati. Anche la descrizione delle varie
figure, protagoniste o no, dei luoghi, dei sentimenti che si intrecciano tra
loro, appare del tutto sicura e decisa tanto che si viene stimolati nel
prosieguo della lettura, o come volgarmente si dice “per vedere come va a
finire”, e, senza nemmeno accorgerci, arriviamo alla fine delle pagine
consapevolmente soddisfatti. L’autrice scandaglia i particolari che
costituiscono l’originalità dei racconti infondendo agli stessi l’autorevolezza
del “verosimile”, ben chiarito nella nota finale in cui sostiene giustamente di
non voler porre nessun limite alla propria fantasia. Le storie infatti si
snodano in modo del tutto naturale e partecipano dei sentimenti comuni a tutti
noi. Anna De Pietri dispone di un repertorio che esplora l’intimo umano
attraversando e perscrutando paure, ansie, gelosie, amori, e via dicendo, che
sono esattamente condizioni legate alla psiche umana in determinate esperienze.
L’impressione che se ne coglie è quella di trovarci di fronte alla vita vissuta
da altre persone ma che, come in uno specchio, riflette in parte o in toto,
ciò che rientra nella nostra sfera emotiva. Ma non solo nostra. Alcuni episodi
appartengono a realtà distanti da noi che si traducono comunque, ipso facto,
in una comprensione e compressione collettiva e corale che, sebbene lontana,
non può non scuoterci e quindi appartenerci. Infatti, protagonisti e
deuteragonisti – semplifico per non essere troppo didascalico – si muovono
sotto un cielo stellato che li avvolge, colti alla ricerca di se stessi. Lo
rivela l’incipit del terzo racconto, “La visita”, in cui l’autrice,
attraverso il pensiero della protagonista, afferma “Guardarsi dall’alto fa
un po’ impressione. Non siamo abituati a vederci da quelle angolazioni che
sfuggono ad ogni specchio”. Ci si perde, allora, ci si sente un po’
smarriti. Ma ci si perde per potersi ritrovare, in noi o negli altri. E lo
smarrimento ci costringe ad indagare, a proseguire il viaggio (non per nulla
proprio il primo episodio si intitola “Il viaggio” ed il viaggio, da sempre, è
un topos della letteratura) anche se le incognite sono tante e i timori
non cessano. La sicurezza sta nelle stelle che ci guardano, ci conducono, ci
rafforzano. Sono un collante nella nostra coscienza e conoscenza. “Non ho la
minima idea di dove sto andando – afferma Fatimah, una bimba che viene
fatta fuggire dalla madre nella speranza di mettere fine alla miseria della sua
esistenza – ma spero che almeno sia un posto sicuro. Mi piacerebbe andare a
scuola e non dover lavorare. Mi piacerebbe giocare quando ne ho voglia. Chissà,
se almeno una di quelle stelle ha sentito la mia voce forse andrà così.” Queste
pagine di Anna De Pietri ci raccontano di noi stessi alle prese del nostro
viaggio – esterno ed interiore – per una maturazione in progress,
attenti a non perderci in futilità, ma costretti ad una riflessione che si fa
vitale e inderogabile. Le stelle sono anche questo. Un momento per calarci in
noi stessi. Un passo verso un miglioramento spirituale. Da farsi però non con
la fronte aggrottata e pensierosa, bensì con estrema leggerezza e naturalezza,
in un gioco letterario costruito con sapienza e abilità, consapevoli che si può
meditare non solo con le lagrime e il rimbrotto, ma anche col sorriso e il
perdono, a seconda dei casi che la vita ci presenta, reali o surreali,
piacevoli o drammatici, affascinanti o apprensivi.
Enea Biumi