La dinamica
musicale contenuta nelle liriche di Walter Chiappelli fa sì che le sue liriche
approdino ad un racconto che abbraccia la totalità dell’esistenza. Lo dimostra
quel “Sì” che dà vita e senso all’intera raccolta. Siamo di fronte ad
un’architettura volta non solo a costruire metaforicamente una meditazione ed
una riflessione, laica o religiosa poco importa, bensì a delineare una ritmica
attraverso assonanze e consonanze atte ad esprimere un respiro del verso e la
sua profondità.
È come
quando si ascolta una perfetta partitura che il direttore d’orchestra calibra e
dirige attraverso pause, forti e piani, improvvise accelerate di tempo,
virtuosi silenzi. Davanti a queste forme il contenuto diventa ipso facto
comprensibilmente chiaro, adamantino. Ed allora, come in un susseguirsi di
aforismi, riappare la forza della poesia.
“…snebbiare
snebbiare/ verso dopo verso varie poesie / vagamente ermetiche / e sperare di
scorgere raggi d’amore/ le ali della gioia a pieno volo”
Amore,
gioia, speranza: ecco i pali sui quali viene consolidata la parola poetica che
serve da faro per proseguire il viaggio, sebbene in alcuni momenti il dolore ed
il male abbiano la capacità di sopraffare il bene e la felicità. Ed ecco a
questo punto affacciarsi l’alchimia della fede che disgela e cicatrizza la
vita.
Sono i testi
di Chiappelli volutamente personali, ma nello stesso tempo trascendono il sé e
si fanno portatori di testimonianze. Non c’è ambiguità, ma riflessione
autentica. Non c’è retorica, ma capacità persuasiva.
“Il fuoco
non incenerisce la luce/ né l’acqua può affogarla/ il dio sole raggia la sua
verità/ sa che nessuna potenza palpitante / può spengerla o mutarla in
menzogna”
Oltre alla gradevolezza e alla bellezza insite in queste
liriche, dobbiamo notare anche il desiderio di ricerca della verità: non quella
assoluta, filosofica, ma quella del quotidiano, dell’hinc et nunc,
dell’attimo fuggente. Non a caso in una sua poesia l’autore dirà: “Fra 18
anni avrò cent’anni/ bel bersaglio se riesco a centrarlo…/ ma occorre che
qualcuno/ con arco teso e con gran cura / lanci spero con gentilezza/ uhi, senza
innervosire il dolore/ ch’è sempre all’erta e mai sazio”
Le domande e le constatazioni sono quindi all’ordine del
giorno. Si susseguono ininterrottamente come un fiume in piena. Ci si chiede
che cosa sia l’amicizia, la lealtà, l’amore (erotico o platonico), l’odio, che
valore abbia il denaro: quesiti che spesso si risolvono in altri quesiti e
paiono a volte come sequenze di pascoliana o leopardiana memoria, rivalutando
ora le piccole cose nella consapevolezza della loro grandezza, ora le incognite
esistenziali sul tempo e sul mistero.
Non mancano nemmeno nei testi di Chiappelli gli istanti
propedeutici della natura che ci accompagna notte e giorno, che ci culla e ci
ammansisce. Né viene meno il ricordo di tempi in cui povertà e inconsapevolezza
non distruggevano affatto la serenità del vivere. Anzi la rinvigorivano e ne
illuminavano il prosieguo.
Enea Biumi
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