venerdì 20 dicembre 2019

Gianfranco Galante, Il pensiero soffia ancora, TraccePerLaMeta Edizioni



C’è, in quest’ultima silloge poetica di Gianfranco Galante “Il pensiero soffia ancora”, una forza consapevole ed integra, accompagnata da una autorevole originale vitalità, che si dipana nell’armoniosità dei versi, tale da entrare immediatamente ed empaticamente in sintonia con il poeta stesso. La pienezza del pensiero fa sì che il lettore si renda partecipe di quel soffio che sprona l’autore alla scrittura e ne dilata il contenuto non più còlto in un ambito personale, unico e solo, bensì promotore d’un dialogo e interlocutore di un “altro”.

E passeggio solo,
per avere chi cammini
a fianco a me.
 
Il sentimento si eleva e si ravviva. Traspare e fluisce con un vocabolario classico ed elegante, nel quale si intravedono rime e ritmi scientemente travasati in ricchezza di stile e contenuto. Potrebbe sembrare bizzarro – ma già altri l’hanno utilizzato (non ultima la Patrizia Valduga) – il condurre la poesia attraverso un attento e preciso rimario, apparentemente rifiutato nel novecento, ma è proprio da questa scelta che si sviluppano e si integrano significato e significante.

Plasmare la lingua
modellare il pensiero,
levigare con penna
perché sembri vero.(…)
 
E’ marmo che tiene,
resiste scalfito,
l’opera emerge
d’un blocco a granito.
 
Il linguaggio così esposto ci conduce ad una dimensione di immagini sobrie ed efficaci afferenti in modo particolare il tema dell’amore.

Già labbra socchiuse
sfioran la pelle;
inebrio al profumo
e sento un vibrar di stelle.
 
Ma non solo amore. In effetti, Galante osserva la vita in tutte le sue fasi ed evoluzioni. Dove naturalmente l’amore prevale su tutto. 

Siamo ombra, siamo niente,
siamo sempre solo gente.

La ritmica - e la poesia deve essere musicale, altrimenti non la chiameremmo lirica - giocata  in massima parte su quinari, senari e settenari, facilita sulla pagina ciò che nella vita appare meno scontato e più duro, dilatando nel tempo e nello spazio elementi empirici e realistici estranei alla narrazione poetica in sé, così che descrizioni paesaggistiche e riflessioni personali diventano un tutt’uno, sulla scorta della lezione poetica tradizionale. Alla stregua di un idillio.

Dimmi, luna,
che sarà ‘l doman di me;
se lo sai, luna, dimmi tu.

Non altrimenti potrebbero leggersi queste quartine:

Spicchio di luna
che sorgi dal monte
annunci serena
la notte vicina.
 
Tornan le barche
accolte giù al molo
dov’offre rifugio
il suo porticciolo.


Queste strofe sono costruite su quinari che fanno scivolare il pensiero rapido e leggero al verso finale, contenente in nuce il senso della poesia stessa: “il cuor qui si lascia”. Vale a dire: il mio cuore, che è al centro di me stesso ma anche al centro della mia scrittura, si trova qui, e qui si installa: deciso a non abbandonare niente e nessuno. Alla fine, il pessimismo della ragione, che ci perseguita dai secoli del razionalismo, si tramuta in senso religioso, in imprescindibile pragmatismo morale, che non è moralismo, ma capacità d’essere hic et nunc uomini eticamente corretti.


Il bene a fondo, sotto pelle,
mai non nuoce e dà calore;
ci ricorda sol che in vita
ciò che sempre ci conduce
non è chiasso e gran clamore,
ma profondo e caldo amore.


Enea  Biumi






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