C’è tempo che
confonde e che consola, detiene e smarrisce, dove gli accostamenti inesausti
trovano infine una proporzione, una misura che determina quel confronto dei
tratti inesauribile e nomade, anche riottoso e labile. Tutto questo in
partiture, in quelle comparse duttili, nella proposta di definizione: complesso
di molti righi, collocati l’uno sotto l’altro e riuniti tutti da una graffa sui
quali si scrivono le parti, per le singole voci o strumenti, da eseguirsi
simultaneamente. Così l’accenno all’opera “Il tempo ammutinato” di Silvia
Comoglio, una delle voci poetiche più interessanti della sua generazione. Qui
il passo musicale, fonetico, intende distribuirsi nello spazio della pagina, in
un’accezione anche visiva e grafica, per esprimere esistente pensiero e parola
in un movimento continuo che si fonda sulla natura profonda della parola stessa
ben sapendo che, come afferma Flavio Ermini, l’esperienza poetica del pensiero
coincide con il moto nascente della lingua, e per Comoglio la lingua stessa è agile
e imprevista, lieve e profonda, strumento di navigazione lessicale e metronomo
per conoscenze esperite. Il rigore dell’attenzione alle pause e agli spazi è
nettamente rivolto alla percezione sonora di una complessità che muta in attimi
e in tempi. Si potrebbe essere tentati, ad un primo impatto di lettura, di
collegarsi inevitabilmente alle strutture inerenti un certo simbolismo, dove
l’ascolto dei suoni in quanto tale si conferma
primario. Qui, però, a giudizio di chi scrive, non viene mai annullato
l’equilibrio decisivo significante/significato ma, piuttosto, reinterpretato
alla luce di suggestioni dense di una prospettiva ulteriore; tale da rivelarsi
quasi catartica e coinvolgere le seduzioni paniche rielaborate negli
accostamenti e nelle percezioni sensitive trasfigurate in canto visibile nella
spazialità della pagina. La capacità di sentire un’immagine, quasi una vissuta
sinestesia accorpata alla ricercatezza del termine proprio, verso una poesia di
estrema raffinatezza formale non vincolata al limite del primo senso. “dunque,
fu detto, la portata di ogni nuovo tempo/ è fiorire in rottura di parola nel
Sempre che si accosta/ ad ogni nostra ombra” e “è allarme, allora, la voce/ che
prego di guardare/ nel dono del suo peso?”... è poesia che davvero fluisce in
iterazioni e rimandi, sviluppa negli spazi e nelle differenziazioni grafiche la
definizione dei ritmi indissolubili che non possono essere altri né separati.
Partiture da leggere ad alta voce, quelle di Silvia Comoglio, in una
pianificazione di accenti tonali aderenti ad un dettato stilistico di rigorosa
caratura. E’ canto, quindi, preghiera, invocazione, trama d’acque e terra,
notte insonne e curva infinita, pelle e brocca, ombra contro fiore. E’
tracciato il sentiero, la sosta, nell’incursione del corsivo, dell’istante
sospensivo e allusivo che l’autrice bilancia sulla pagina con grande perizia in
una sorta di orchestrazione sillabica di senso e suono. “...allora, fu detto, è
acuta forma di radice/ lo sguardo appena srotolato in sillabe di nomi/ incessanti
e già caduti”; il ritmo fascinoso dei versi incalza e seduce, in riaffioranti
rapsodie a flusso regolato, “amo il solo amare che appare in orizzonte/ del
tutto senza ciglia: terra comparsa alla mia porta,/ come, come mondo, ai
margini del mondo”. L’autrice compone fragranze di suggestioni, strepitii
vegetali, veglie d’aurora e di crepuscolo, sillabe ed echi, nostalgie di onde,
sensibilità spirituali. Ma più si tinge l’affresco di cromatismi alla Magritte,
le sue luci in contrasto qui rese nella solidità densa e nello stesso tempo
fluida dei vocaboli posti a soccorrersi e a sorreggersi nella danza percettiva
delle compiute attinenze. Voce, quella di Silvia Comoglio, capace davvero di
perfezionare una partitura nel mirabile senso dell’esecuzione stilistica più alta,
virtuosa, “che ebbe in una stella il suo
tutto incandescente,/ la sua netta
terra di preghiera”, ricordando
che il tempo ammutinato è tempo dinamico che “muove” sommossa di un sentire
apicale, dove s’identificano le “...incognite tue rose, plasmate-“.
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